Corriere della Sera

UNO NON VALE UNO MA ORMAI È TARDI

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Caro Aldo,

crede che la mossa di Luigi Di Maio possa avere davvero un futuro?

Mario Taliani

La prima forza parlamenta­re che aveva convinto un terzo degli italiani, si è sgretolata. Di Maio ha fatto la sua scelta e il tempo dirà se ha avuto ragione. Ma con questi continui «parti politici» non si rischia di diffondere ancora più sconcerto e disaffezio­ne?

Fabio Sìcari

L’Cari lettori, addio di Luigi Di Maio è l’argomento più commentato da due giorni. È vero che i problemi delle imprese e delle famiglie — come ha commentato Giancarlo Giorgetti — sono altri, a cominciare dalla folle corsa dei prezzi; ne abbiamo parlato e ne parleremo. Però per affrontare i problemi serve anche una politica all’altezza della situazione, e non in balia dei venti e delle circostanz­e.

Nel 2018, poco più di quattro anni fa, Luigi Di Maio era il leader di un movimento antisistem­a che conquistò un terzo dei voti e la maggioranz­a relativa in Parlamento, e con essa il diritto di governare, esercitato in tre governi diversi: prima con la Lega, poi con il Pd, infine con Lega, Pd e Berlusconi. Che adesso l’ex leader dei Cinque Stelle fondi un piccolo partito con l’ambizione di rifondare il centro è oggettivam­ente una notizia. Non è una prima assoluta: Matteo Renzi alle Europee 2014 prese il 40% con il Pd, e ora è al 2 con Italia Viva. Ma la parabola dei grillini è unica al mondo. Di Maio dice ora che i Cinque Stelle rischiano di diventare il partito dell’odio; ma da sempre i Cinque Stelle si segnalano per un linguaggio aggressivo al limite e spesso oltre l’insulto, rivolto a chi non la pensa come loro. Di Maio dice anche che uno non vale uno. Un’ovvietà; esistono le competenze e le esperienze; ma è pur sempre un passo importante. In realtà, nelle democrazie uno vale davvero uno, nel senso che gli uomini nascono liberi e uguali; anche questa appare un’ovvietà; invece è un’idea recentissi­ma, che si affaccia nella storia con la rivoluzion­e francese ed è ancora adesso contestata in molti Paesi (andate a dire a Putin che la sua vita vale come quella di un suo soldato, e che la vita di un suo soldato vale come quella di una donna ucraina). Insomma, la sensazione è che per Di Maio sia troppo tardi. E che il centro draghiano, con tanti draghetti ma senza Draghi quello vero, non abbia un grande spazio politico. A meno che non candidi davvero a Palazzo Chigi Beppe Sala; che però è appena stato rieletto sindaco di Milano.

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