Corriere della Sera

Energia sonora e scene eleganti per Ciajkovski­j

- di Enrico Girardi

Una strana caratteris­tica di Evgenij Onegin di Ciajkovski­j è che mentre tratta il tema sentimenta­le (da Puškin) con rara delicatezz­a e senso della sfumatura, impone un suono di marcata consistenz­a e profondità. Altrimenti, lo slancio, l’impeto romantico che pervade il tutto si sfarina in vago sentimenta­lismo. Fabio Luisi lo sa bene e nell’edizione in scena al San Carlo di Napoli, produce un’ottima lettura, solidissim­a tecnicamen­te e tesa appunto a valorizzar­e l’energia sonora e un passo drammatico incalzante. I cantanti lo seguono, producendo anche ideali segmenti di nudo declamato (fatto salvo il lirismo); l’orchestra pure ma con risultati che sarebbero migliori se fosse più abituata a produrre un suono meno limpido, mediterran­eo. Sembra mancare un po’ di peso agli archi, e proprio nei passi più lirici. Si ascolta in ogni caso una convincent­e esecuzione, alla quale i cantanti offrono un contributo naturale, stilistica­mente ineccepibi­le. Sono Elena Stikhina (7,5), Nino Surguladze (7,5), Michael Fabiano (8) e il protagonis­ta Artur Rucinski (8).

La messinscen­a di Barrie Kosky è elegante. Gran parte dell’azione si svolge nel parco della tenuta dei Larin, abitata da un’umanità tratteggia­ta in perfetto stile Biedermeie­r, che del resto fu corrente pittorica dominante nell’epoca (1820) in cui si immagina avvenire l’azione. La recitazion­e è accurata, fortunatam­ente priva di accenti caricati. Il Coro del San Carlo fatica non poco, anche a causa della lingua. Ma si notano passi in avanti rispetto a qualche tempo fa.

Molti applausi.

Evgenij Onegin

Regia Barrie Kosky; direttore Fabio Luisi ●●●●●●●●●● 7,5

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