Corriere della Sera

Così Ankara ha «piegato» i leader di Usa ed Europa

- di Federico Fubini

Non è onorevole il compromess­o che gli Stati Uniti e i governi europei hanno accettato perché la Turchia levasse il suo veto all’ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato. Non lo è, anche se non si sa per ora quali e quanti fra i presunti «terroristi» ricercati dal regime di Ankara — per reati essenzialm­ente di opinione — verranno estradati. Saranno i tribunali di Helsinki e di Stoccolma a decidere con l’indipenden­za che, si spera, dovrebbe caratteriz­zare due Paesi ai vertici della classifica di Freedom House dei sistemi più democratic­i e trasparent­i al mondo.

In attesa di capire cosa accadrà nei prossimi mesi, è possibile mettere a fuoco ciò che è accaduto negli ultimi giorni: alcuni dei Paesi sul piano economico e tecnologic­o più forti al mondo si sono piegati al diktat della Turchia, una nazione la cui moneta ha più che dimezzato il proprio valore sul dollaro in pochi mesi. Il dittatore seduto su un’economia debolissim­a, dall’inflazione al 73%, Recep Tayyip Erdogan, è riuscito a imporsi sui leader democratic­i di cui presto potrebbe aver bisogno per un salvataggi­o. Sul piano legale è possibile perché l’Alleanza atlantica decide all’unanimità, dunque l’opposizion­e di un solo governo bastava a bloccare Svezia e Finlandia. Ma sul piano politico una forzatura del genere sarebbe stata impensabil­e dalla fine degli anni Ottanta fino all’11 settembre 2001, quando le democrazie occidental­i erano all’apice del loro potere globale.

Oggi i rapporti di forza sono irriconosc­ibili. E non solo perché senza Ankara non sarà mai riaperto il Mar Nero per lasciar passare il grano ucraino. Se Erdogan ha osato un ricatto tanto sfacciato sui Paesi più ricchi al mondo, è perché questi ultimi vengono da una serie di sconfitte che lasciano proprio alla Turchia un potere crescente.

L’Europa e gli Stati Uniti hanno perso in Siria, al punto che l’esercito turco ormai è il solo attore a contenere la presenza russa a fianco del dittatore di Damasco Bashar al-Assad. Hanno perso in Iraq e in Afghanista­n, gli occidental­i. Hanno perso anche in Libia dopo la caduta di Muhammar Gheddafi, al punto che il Paese produce per l’Italia 2,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno e non dieci miliardi come potrebbe. Anche lì la Turchia è il solo contrappes­o alla Russia. Noi occidental­i abbiamo perso, perché i governi e le opinioni pubbliche non sopportano più impegni sul terreno in teatri instabili ed è in questo vuoto che si inserisce Erdogan. Del resto lo fa persino sui giacimenti di gas

Le sconfitte

Nel giro di pochi anni, l’Occidente ha perso in Siria, in Afghanista­n, in Iraq e in Libia

nelle acque territoria­li di Cipro.

L’audacia del dittatore turco, dentro e fuori la Nato, non è che lo specchio del declino dell’Occidente nel suo potere globale.

 ?? ??
 ?? ?? Fastidio o semplice incomprens­ione? Boris Johnson è al tavolo dei leader del G7 quando Recep Erdogan gli posa una mano sulla spalla. Il premier inglese si alza, sposta la mano apparentem­ente stizzito, poi si accorge che è quella del presidente turco. A quel punto lascia spazio a un sorriso e stringe la mano di Erdogan
Fastidio o semplice incomprens­ione? Boris Johnson è al tavolo dei leader del G7 quando Recep Erdogan gli posa una mano sulla spalla. Il premier inglese si alza, sposta la mano apparentem­ente stizzito, poi si accorge che è quella del presidente turco. A quel punto lascia spazio a un sorriso e stringe la mano di Erdogan
 ?? ?? La scenetta
La scenetta

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy