«Agenti cinici e poco professionali» Sotto inchiesta l’unità di Law & Order
La squadra speciale newyorkese sarebbe ben diversa da quella della serie tv in onda da 23 stagioni
WASHINGTON Per più di vent’anni i telespettatori di tutto il mondo si sono appassionati alle indagini della squadra speciale del 16° distretto di Manhattan. I poliziotti integri, sensibili della Unità speciale, pronti a scattare per soccorrere le donne aggredite o stuprate. L’agente Olivia, l’attrice Mariska Hargitay, qualche volta sbaglia, magari interpreta male un indizio, ma è sempre solidale, vicina alle vittime.
Spiace deludere, ma stando a quanto sospetta il dipartimento di Giustizia di Washington, la realtà sarebbe un po’ diversa dalla serie Law & Order, trasmessa dal 1999 per 23 stagioni consecutive. L’Unità speciale esiste davvero, si chiama «Special Victims Division». Si occupa di violenze sessuali, di traffico di esseri umani, di crimini commessi contro i bambini. Ma nella realtà quotidiana, nella routine degli uffici di New York, gli agenti sarebbero cinici, sbruffoni, molesti, dei veri cialtroni in divisa. E soprattutto incapaci o svogliati: gli accertamenti partono in ritardo, quando e se partono.
Il ministero della Giustizia, guidato da Merrick Garland, fa sapere che le procure di Washington, di Manhattan e di Brooklyn hanno aperto un’inchiesta per esaminare le accuse pesanti rivolte al corpo d’élite del dipartimento di Polizia della grande metropoli. È un’iniziativa forse senza precedenti, perché investe «un metodo, un tipo di condotta che dura da più di un decennio», aggiungono ancora dal dipartimento di Giustizia.
I magistrati hanno preso le mosse da numerose testimonianze. Almeno 10-12 donne hanno raccontato che, dopo aver subito uno stupro o un altro crimine sessuale, si sono presentate nei commissariati di zona e da lì indirizzate all’Unità speciale. Ma si sono trovati davanti poliziotti sarcastici, strafottenti.
Prima conclusione del dipartimento di Giustizia: anziché mostrare un minimo di comprensione e di offrire un primo sostegno psicologico, questi agenti «hanno inflitto altri traumi» alle donne già in difficoltà. Ma la cosa ancora più grave è che non si sarebbero preoccupati di far bene il proprio lavoro investigativo.
Al contrario, avrebbero trasferito i dossier ai commissariati locali, dove finivano regolarmente nel nulla per mancanza di personale specializzato.
La situazione non sarebbe cambiata neanche dopo il 2017, quando il movimento #MeToo diede una scossa alle società e alle istituzioni americane, portando alla luce una realtà di abusi e violenze sessuali sommerse o coperte dall’omertà generale.
Gli uffici del ministero hanno condotto una prima ricognizione, durata 10 mesi. Poi il ministro Merrick Garland ha deciso di attivare i magistrati. Damian Williams, procuratore del Southern District di New York, promette «un’istruttoria molto approfondita», perché «i crimini sessuali devono essere trattati con lo stesso rigore e la stessa severità usata per le altre categorie di reati» .
Si prospetta, comunque, un altro passaggio delicato per il dipartimento della polizia newyorkese. Letitia James, procuratrice dello Stato, sta già «monitorando» le segnalazioni di violenze e di abusi compiuti dagli agenti nella primavera del 2020, durante le manifestazioni di protesta per l’uccisione dell’afroamericano George Floyd, soffocato dal ginocchio del poliziotto, Derek Chauvin, a Minneapolis.
Furono giorni di grande tensione e talvolta anche di scontri nelle città americane. A New York, diversi agenti usarono le maniere forti anche con i manifestanti pacifici.
Una volante della polizia di New York sulla scena di una sparatoria il 23 giugno; lo stesso giorno, la Corte Suprema ha giudicato la legge statale sulle armi «restrittiva»