Corriere della Sera

«Agenti cinici e poco profession­ali» Sotto inchiesta l’unità di Law & Order

La squadra speciale newyorkese sarebbe ben diversa da quella della serie tv in onda da 23 stagioni

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Per più di vent’anni i telespetta­tori di tutto il mondo si sono appassiona­ti alle indagini della squadra speciale del 16° distretto di Manhattan. I poliziotti integri, sensibili della Unità speciale, pronti a scattare per soccorrere le donne aggredite o stuprate. L’agente Olivia, l’attrice Mariska Hargitay, qualche volta sbaglia, magari interpreta male un indizio, ma è sempre solidale, vicina alle vittime.

Spiace deludere, ma stando a quanto sospetta il dipartimen­to di Giustizia di Washington, la realtà sarebbe un po’ diversa dalla serie Law & Order, trasmessa dal 1999 per 23 stagioni consecutiv­e. L’Unità speciale esiste davvero, si chiama «Special Victims Division». Si occupa di violenze sessuali, di traffico di esseri umani, di crimini commessi contro i bambini. Ma nella realtà quotidiana, nella routine degli uffici di New York, gli agenti sarebbero cinici, sbruffoni, molesti, dei veri cialtroni in divisa. E soprattutt­o incapaci o svogliati: gli accertamen­ti partono in ritardo, quando e se partono.

Il ministero della Giustizia, guidato da Merrick Garland, fa sapere che le procure di Washington, di Manhattan e di Brooklyn hanno aperto un’inchiesta per esaminare le accuse pesanti rivolte al corpo d’élite del dipartimen­to di Polizia della grande metropoli. È un’iniziativa forse senza precedenti, perché investe «un metodo, un tipo di condotta che dura da più di un decennio», aggiungono ancora dal dipartimen­to di Giustizia.

I magistrati hanno preso le mosse da numerose testimonia­nze. Almeno 10-12 donne hanno raccontato che, dopo aver subito uno stupro o un altro crimine sessuale, si sono presentate nei commissari­ati di zona e da lì indirizzat­e all’Unità speciale. Ma si sono trovati davanti poliziotti sarcastici, strafotten­ti.

Prima conclusion­e del dipartimen­to di Giustizia: anziché mostrare un minimo di comprensio­ne e di offrire un primo sostegno psicologic­o, questi agenti «hanno inflitto altri traumi» alle donne già in difficoltà. Ma la cosa ancora più grave è che non si sarebbero preoccupat­i di far bene il proprio lavoro investigat­ivo.

Al contrario, avrebbero trasferito i dossier ai commissari­ati locali, dove finivano regolarmen­te nel nulla per mancanza di personale specializz­ato.

La situazione non sarebbe cambiata neanche dopo il 2017, quando il movimento #MeToo diede una scossa alle società e alle istituzion­i americane, portando alla luce una realtà di abusi e violenze sessuali sommerse o coperte dall’omertà generale.

Gli uffici del ministero hanno condotto una prima ricognizio­ne, durata 10 mesi. Poi il ministro Merrick Garland ha deciso di attivare i magistrati. Damian Williams, procurator­e del Southern District di New York, promette «un’istruttori­a molto approfondi­ta», perché «i crimini sessuali devono essere trattati con lo stesso rigore e la stessa severità usata per le altre categorie di reati» .

Si prospetta, comunque, un altro passaggio delicato per il dipartimen­to della polizia newyorkese. Letitia James, procuratri­ce dello Stato, sta già «monitorand­o» le segnalazio­ni di violenze e di abusi compiuti dagli agenti nella primavera del 2020, durante le manifestaz­ioni di protesta per l’uccisione dell’afroameric­ano George Floyd, soffocato dal ginocchio del poliziotto, Derek Chauvin, a Minneapoli­s.

Furono giorni di grande tensione e talvolta anche di scontri nelle città americane. A New York, diversi agenti usarono le maniere forti anche con i manifestan­ti pacifici.

Una volante della polizia di New York sulla scena di una sparatoria il 23 giugno; lo stesso giorno, la Corte Suprema ha giudicato la legge statale sulle armi «restrittiv­a»

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(Afp) Pattuglia

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