Corriere della Sera

«Noi, presidi dimenticat­i, vorremmo tornare a casa»

- M. Orestina Onofri

Non è molto conosciuta la situazione in cui si trovano oltre 1.100 presidi, vincitori di concorso nazionale, che nel 2019 hanno dovuto prendere servizio in una regione diversa da quella di residenza. Poiché il Dm che ha bandito il concorso imponeva almeno 3 anni di servizio nella regione assegnata, noi presidi ci siamo trovati da soli a gestire una pandemia (Dad, quarantene, riorganizz­azione degli orari, mense, edifici scolastici). Abbiamo assicurato il diritto allo studio, vicini alle famiglie e ai ragazzi. Per noi stessi ci siamo inventati la Car (Cura a distanza) con le nostre famiglie lontane, figli angosciati, genitori spaventati, perché raggiunger­e le nostre case è stato spesso impossibil­e, per via del rischio di contagiare/essere contagiati dai propri cari. Adesso sono passati 3 anni e finalmente abbiamo potuto fare la domanda di mobilità interregio­nale. Peccato che i posti disponibil­i coprono meno del 10% delle richieste: in Campania 16, nel Lazio 14, in Calabria e Sicilia 15. Col Pnrr si sono stanziate risorse per un nuovo concorso regionale, con l’ovvia conseguenz­a che noi presidi fuori sede non torneremo più nelle nostre case. Molti ci domandano (soprattutt­o a noi presidi-donne) se valeva la pena passare per queste rinunce e sofferenze. Se è vero che il successo formativo è anche dovuto alla qualità della leadership educativa, questo accaniment­o contro noi presidi fuori sede rischia di riversarsi sulla qualità degli insegnamen­ti, perché il messaggio che veicola nelle scuole è: rassegnate­vi, mettete da parte legittime aspettativ­e, competenze maturate e spirito di servizio. Siamo in Italia!

La nostre lettrice sottolinea la situazione dei presidi che da tre anni lavorano fuori dalla regione di residenza. Vorrebbero tornare a casa ma non ci sono i posti

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