MALDINI FELICE MA NON SARÀ COME MAROTTA
MILANO Con il cda che ha ratificato e il comunicato del club che l’ha reso ufficiale è finalmente finita, com’era logico che finisse, con Paolo Maldini e Frederic Massara che hanno rinnovato, e a parte le ore burrascose seguite alla famosa intervista rilasciata alla Gazzetta, nessuno lo aveva più veramente messo in discussione. È successo all’ultimo secondo, dopo un mese sfinente per i tifosi, ma come cantava Mina «l’importante è finire». Sarebbe importante anche d’ora in poi procedere in scioltezza, su binari esatti, senza dubbi, scontentezze, incomprensioni. Le pagine del contratto, letto e corretto in questi giorni, chiariscono ruoli, competenze, stipendi (c’è stato un aumento: meritato, visti i grandi risultati raggiunto dal Milan che si devono anche all’ottimo lavoro svolto da M&M). Ma non è per questioni di «vil denaro» (per dirla con De Laurentiis) se c’è voluto tanto: erano in ballo proprio due visioni diverse della società.
Per dirla in breve, Maldini voleva fare Marotta e, dal suo punto di vista, con i crediti dello scudetto in tasca, poteva essere un obiettivo legittimo: ambire a un ruolo di ad dell’area tecnica (com’è il dirigente dell’Inter), con ampie autonomie (per esempio il controllo dell’area della comunicazione sportiva: era una delle richieste), che rispondeva direttamente alla proprietà. La conseguenza sarebbe stata un ridimensionamento delle competenze dell’attuale ad, Ivan Gazidis, «confinato» alle «sole» questioni finanziarie, come l’altro ad interista Antonello.
Senza che ci sia un giusto e uno sbagliato nei due modelli, lo schemino dell’organigramma del Milan non cambia: l’ad — fino a novembre di sicuro Ivan Gazidis (che è rimasto molto defilato in questa trattativa e poi deciderà se continuare), ma non cambierebbe niente anche mettendo un altro nome nella casella — resta invece la figura al vertice dello schema, sotto al presidente Paolo Scaroni, e che riporta alla proprietà. Che per il momento sono due, vista la fase di condivisione, Elliott che resterà con il 30% anche dopo il closing di settembre, e RedBird di Gerry Cardinale: ma i due fondi americani si sono trovati d’accordo nel non toccare l’organizzazione. Come si sa, anche se appare ancora strano per chi è abituato alle società di calcio tradizionali, questi nuovi proprietari parlano poco, ma dello scarno comunicato con cui si è messo fine al melodramma, la parola che conta è una sola ed è continuità («Un accordo che testimonia la continuità in un percorso di rafforzamento e di crescita del nostro club»). È la stessa risuonata il giorno della
La parola chiave
Sono affiorate visioni diverse, ma la parola che conta e che ha unito è «continuità»
presentazione di Cardinale, e che vuole connotare anche il passaggio delle quote.
Ora anche se l’organizzazione Milan non è cambiata, nel contratto Maldini e Massara hanno comunque trovato qualche soddisfazione, un punto di incontro considerato accettabile: è giusto quindi «essere felici per davvero (anche se non sembra)» come da commento espresso dopo la firma. Se è tutto chiaro, ora non ci sono più motivi per dividersi.