Ganna si perde sotto la pioggia Il contadino Lampaert in giallo
A Copenaghen il meteo insidia i big iper tecnologici, il primato al belga meno atteso
COPENAGHEN Il primo istinto è quello di licenziarli tutti. A casa gli strateghi del meteo incaricati di scrutare i satelliti con software militari, gli esperti di aerodinamica, gli ingegneri che miscelano oli speciali per lubrificare catena e movimento centrale, gli analisti al servizio dei fuoriclasse del ciclismo, pagati a peso d’oro dalle squadre più danarose. Riflettendoci, meglio tenerli: è grazie ai loro clamorosi errori che ieri la prima maglia gialla del Tour de France l’ha indossata il belga Yves Lampaert, uno che dopo aver singhiozzato per mezz’ora se n’è uscito con questa frase meravigliosa: «Non ci posso credere, io che sono solo il figlio di un contadino ho battuto i big».
Tutto vero. Lampaert, 31 anni, miglior risultato in carriera un terzo posto alla Roubaix, ha messo in fila nell’ordine Van Aert, Pogacar, Ganna (4°) e Van Der Poel che a questa maglia puntavano da mesi e si erano preparati a indossarla con allenamenti specialissimi e materiali super. Il fiammingo della QuickStep ci ha messo ottime gambe e testa libera da pressioni, gli altri grandissimo impegno penalizzato però da clamorosi errori degli strateghi sociali.
Partiti nel primo pomeriggio, convinti dai tecnici che avrebbero trovato meteo favorevole, Van Aert e soci hanno beccato un fortunale di pioggia e vento che i gregari cui avevano preso il posto si sono invece risparmiati. Van Aert — crossista e uomo del nord — è stato bravissimo, Pogacar sorprendente in una prova così tecnica mentre Ganna ha faticato molto a rilanciare l’azione nelle venti curve del tracciato per via di una stazza poderosa. «Non avevo gambe perfette, non ero a mio agio nelle curve e oggi c’è stato chi a fatto meglio di me» ha dichiarato il piemontese, onesto nell’ammettere di non essersi nemmeno accorto della foratura alla ruota posteriore, che però non l’ha penalizzato: le sue costosissime Grand Prix (che dovevano fargli guadagnare 10”) si sono auto-vulcanizzate in un istante. Almeno qui la tecnologia ha funzionato.
Per il resto, che disastro. Scarpe da tremila euro incorporate ai pedali, manubri da duemila, caschi da Sturmtruppen con aerodinamica da F1 non hanno impedito (o forse hanno favorito) un festival degli scivoloni (Bissegger due volte, LaTour mentre era in testa) a chi si era più concentrato sui materiali che sul percorso. Geraint Thomas — tra i favoritissimi per il podio — ha cavalcato una bici da 20 mila euro dimenticando però di togliere il gilet da riscaldamento. Il gallese almeno ha ammesso di «essere stato un pollo: ero così zuppo di acqua che ho preso le curve peggio di mia moglie che non pedala mai».
Da Copenaghen (mezzo milione di spettatori sotto il diluvio, i corridori hanno dovuto alzare il volume degli auricolari), il Tour esce con una classifica corta. Anche scalatori come Vlasov (+24” da Pogacar) non hanno perso troppo tempo. Oggi si va a Nyborg, nella Danimarca del sud, su strade battute dal vento con finale da sprinter sul Grande Belt, il ponte di quasi 7 km che congiunge Selandia e Fionia. Con la maglia gialla a portata di molti, con abbuoni in palio e molti artisti del «ventaglio» in gruppo: facile prevedere una battaglia, senza risparmio di cadute.