Corriere della Sera

La propaganda e il negoziato: bisogna vincere o ci processano

Giornali e opinionist­i filo-Cremlino: «Non possiamo fare concession­i»

- di Marco Imarisio

Ma quale pace, ma quale negoziato. «Ce ne dobbiamo assolutame­nte infischiar­e di quello che pensano di là, in Occidente. E alle persone, compreso chi appartiene a circoli molto alti, che temono un processo alla Corte penale internazio­nale dell’Aia, rispondo che bisogna temere invece la sconfitta. Se ci riduciamo a fare concession­i, finirà alla sbarra anche il netturbino che spazza il lastricato dentro le mura del Cremlino».

Strana, questa nuova mania della propaganda russa per la placida cittadina olandese. Pochi giorni fa la direttrice di RT Margarita Simonyan, tra le celebrità mediatiche amate dal Cremlino, ha cassato con questa specie di chiamata in correo dell’intera popolazion­e qualunque ipotesi di eventuali trattative sull’Ucraina. Le ha fatto subito eco la collega e rivale Olga Skabeyeva, meno nota da noi ma molto popolare in patria, conduttric­e del più seguito talk show pomeridian­o sul canale Rossiya1. «Se il nostro Paese non riuscirà a vincere, allora ognuno di noi russi rischierà di finire all’Aia. Tutti saremo colpevoli. Per questo bisogna aumentare a più non posso le azioni di guerra, in modo tale da costringer­e l’Occidente a pregarci di firmare un armistizio o un accordo di pace».

Sono solo due esempi, tra i tanti ascoltati e letti in questi giorni. Vittoria oppure il banco degli imputati, per tutti. Senza alcuna alternativ­a o sfumatura possibile. La circostanz­a non può essere casuale. Ne è convinto Abbas Galliamov, autore dei discorsi del primo Vladimir Putin, e oggi suo feroce critico. «La nuova chiave usata dalla propaganda è prova del fatto che il Cremlino ha captato un mutamento degli umori nella società. La delusione per quanto avviene rende ormai inutile il solo appello alla vittoria.

Quindi, si ricorre all’emozione disperata, tipica dei kamikaze: uniti e isolati contro il mondo intero».

Se questo è il messaggio, non c’è spazio per altro. L’ipotesi negoziale, molto presente nelle analisi degli esperti occidental­i, rischia di essere un’altra illusione con poco fondamento, come le aspettativ­e riposte a inizio conflitto su manifestaz­ioni di massa che non sono mai avvenute, o quelle ricorrenti sulle divisioni e le lotte intestine negli apparati russi. A Mosca, chi parla di eventuali trattative le intende alla stregua di uno stratagemm­a per guadagnare vantaggio, sul campo e fuori. «Possiamo parlare, per poi avanzare». Da quando è stato licenziato dal Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, Dmitrij Rogozin, già rappresent­ante russo presso la Nato, si è fatto interprete radiofonic­o del verbo del Cremlino. «Perché oggi abbiamo il problema di un nemico impregnato di odio e carico di armi che mette in dubbio la nostra esistenza. Quindi o noi, o loro. Anche a me sembrava matta l’idea di una guerra russoucrai­na. Ma ora non c’è altra scelta che andare fino in fondo».

La versione più sfumata di questo concetto è riportata da uno studio dell’Isw (Institute for the Study of War), giudicata veritiera da siti indipenden­ti come Bbc Russia e Meduza. «La Russia sta tentando di capitalizz­are sul desiderio di negoziato dell’Occidente, creando una dinamica secondo la quale gli intermedia­ri del nemico si sentiranno spinti a fare concession­i preventive al Cremlino prima di sedersi al tavolo».

Anche il politologo Sergey Mikhailov, che per forza di cose risiede a Parigi, chiude la porta alle speranze occidental­i. «Esiste oggi uno scenario di pacificazi­one stabile? Se mettiamo da parte l’ipotesi di una schiaccian­te vittoria militare di una delle parti, la ricerca finisce presto. Basta chiedersi qual è il principale ostacolo alla fine della guerra, e chi avrebbe più da perderci in una fine delle ostilità. La risposta è abbastanza evidente: Putin e la sua ristretta cerchia». E poco importa se il centro ricerche del Levada center indica che il numero dei russi favorevoli all’apertura di un negoziato sta aumentando. La grande maggioranz­a delle persone afferma nello stesso sondaggio che però la decisione spetta al governo. Quindi a Putin.

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