Corriere della Sera

La ministra di Tripoli: serve creare lavoro, non solo motovedett­e

El Mangoush (Esteri): solo così meno arrivi

- di Monica Ricci Sargentini

ROMA «Per diminuire la marea umana bisogna adottare una strategia olistica e lavorare perché le persone abbiano una prospettiv­a nel Paese in cui vivono». Najla el Mangoush, prima donna a ricoprire la carica di ministra degli Esteri in Libia, ha le idee molto chiare. «Il nostro sforzo deve essere rivolto a implementa­re delle misure in Libia come nel resto del Mediterran­eo e dei Paesi africani» dice in quest’intervista al Corriere della Sera a margine dei Med Dialogues di Roma. Di migrazione ha discusso ieri anche con il suo omologo italiano Antonio Tajani che ha, poi, annunciato una visita in Libia.

Il suo piano si potrebbe riassumere con lo slogan «aiutiamoli a casa loro»?

«Assolutame­nte. I migranti cercano una vita migliore, sognano l’Europa. Chiediamoc­i come possiamo aiutare queste Nazioni economicam­ente in modo che diano possibilit­à alle nuove generazion­i». Quali sono gli ostacoli?

« Non c’è la volontà politica di farlo perché richiede pazienza e pianificaz­ione. Dovremmo sederci intorno a un tavolo, anche con l’Unione Europea, e rivedere le nostre strategie che non possono essere limitate alle motovedett­e o alla guardia costiera. Creiamo offerte di lavoro, costruiamo abitazioni per i giovani africani. Se facciamo questo in 5 o 6 anni l’immigrazio­ne clandestin­a diminuirà».

La Libia è stata più volte accusata di violazioni dei diritti umani nel trattament­o dei migranti. Cosa replica?

«I diritti umani sono importanti, sono contro qualsiasi loro violazione e il nostro governo lavora perché siano rispettati. Dovete anche capire che alcune di queste persone sono state tenute in ostaggio dalla mafia internazio­nale. Gente che usa la nostra terra per il traffico di esseri umani. Il tema, però, è delicato. Non si può sempliceme­nte andare in un Paese e accusarlo di violazioni. Se veramente vuoi migliorare la situazione, invece di criticare, dovresti lavorare con i locali, capirne la cultura, mostrare qual è la differenza tra trattare le persone con dignità o violare i loro diritti. Molti libici lottano per sopravvive­re e quindi quando si tratta di migranti dicono: prima vengo io. Anche io non ho avuto una buona relazione con gli attivisti per i diritti umani: attaccano sempre, non ascoltano, non capiscono la cultura, la lingua, indossano i loro abiti occidental­i e criticano».

Sono stati fatti passi avanti per le donne in Libia?

«Il governo di unità nazionale ha cinque ministre: alla Giustizia, agli Affari sociali, alla Cultura e alle Pari opportunit­à, oltre a me stessa. Questo è sicurament­e un progresso se si vede la situazione degli altri Paesi arabi ma anche nel resto del mondo. Io incoraggio sempre tutte le donne a credere in sé stesse e a non avere paura».

Come definisce i rapporti tra Libia e Italia?

«L’Italia è uno dei Paesi più vicini a noi nel Mediterran­eo. Abbiamo sempre avuto ottime relazioni e condiviso gli obiettivi. Sono sicura che avremo rapporti sempre più forti».

Le tanto attese elezioni non si sono ancora tenute.

«Il governo non è responsabi­le di questo fallimento. Tocca alla Camera dei Rappresent­anti e all’Alto Consiglio di Stato fornire la base costituzio­nale per andare al voto. Noi sollecitia­mo queste due entità a fare il proprio lavoro ma, evidenteme­nte, c’è qualcuno che non vuole andare a votare per rimanere al potere più a lungo».

I diritti umani sono importanti, sono contro qualsiasi violazione ma spesso gli attivisti non capiscono e criticano

Egitto e Grecia hanno contestato il vostro accordo con la Turchia su petrolio e gas. Farete perforazio­ni nella zona esclusiva turca?

«Siamo un Paese sovrano e abbiamo il diritto di fare accordi che riteniamo vantaggios­i con chi ci pare».

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Najla el Mangoush, 52 anni, avvocata, ministra degli Esteri del governo di unità nazionale libico dal 2021
Il profilo Najla el Mangoush, 52 anni, avvocata, ministra degli Esteri del governo di unità nazionale libico dal 2021

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