Via anche i tamponi per i trasporti: Xi allenta la linea inflessibile sul Covid
Il leader di Pechino a Michel: «Le proteste sono causate dalla frustrazione dei giovani»
Una settimana fa il web cinese ribolliva di video sulle proteste. Ora, immagini e ipotesi sull’allentamento della linea Covid Zero arrivano dalle stesse città e corrono sui social. Si vedono gru che ritirano cabine per i tamponi da una strada di Pechino, aeroporti che tolgono i cartelloni con l’ordine di test negativo per entrare; addirittura «dabai» i temuti vigilanti in tuta bianca che si sono scritti sulla schiena, a pennarello: «Fine». Sembra che ora il Partito-Stato ritenga più pericoloso il virus delle proteste nelle università rispetto al coronavirus.
Il presidente Xi Jinping non fa annunci, ma a quanto pare si è confidato con Charles Michel,
il presidente del Consiglio europeo che gli ha fatto visita giovedì a Pechino. Funzionari di Bruxelles riferiscono che il leader cinese ha detto: «La variante Omicron è risultata meno letale e dunque permette maggior flessibilità nelle restrizioni sanitarie». E poi avrebbe osservato che le proteste scoppiate lo scorso fine settimana a Shanghai, Pechino, in altre decine di città e campus universitari sono il segno che «la gente è frustrata» dopo tre anni di pandemia, «soprattutto i giovani».
Non si vede una inversione di rotta, ma una virata. La stampa statale e la vicepremier Sun Chunlan, finora inflessibile zarina del Covid Zero hanno preparato il terreno esaltando «la scoperta degli scienziati cinesi sulla patogenicità di Omicron geometricamente calata». La Cina può entrare in «una fase nuova», ha detto Sun.
Le autorità di una decina di metropoli annunciano l’allentamento della pressione: Pechino cancella l’obbligo di tampone negativo nelle 48 ore precedenti per prendere i mezzi pubblici ed entrare in centri commerciali, farmacie, parchi pubblici. Disposizioni simili a Tianjin, Guangzhou, dove martedì scorso c’era stata guerriglia urbana; a Chengdu, a Shenzhen.
Non c’è da credere che il presidente Xi dichiari pubblicamente la fine del tentativo di azzerare il coronavirus: sarebbe ammettere di aver sbagliato i calcoli e la politica sanitaria e sociale. Ma le ultime mosse fanno pensare che il Partito sia pronto a ritirarsi dalla trincea insostenibile del Covid Zero per attestarsi su quella della «mortalità zero» (o quasi).
Si parla di una grande ripresa della vaccinazione per gli ultrasessantenni, e si prepara l’opinione pubblica a sopportare un certo numero di morti, nella fascia più anziana della popolazione: la settimana scorsa Pechino ha dichiarato tre decessi di pazienti tra gli 87 e i 91 anni, aggiungendo che soffrivano di patologie pregresse e il Covid ha dato solo il colpo di grazia.
La Commissione sanitaria centrale ha registrato nelle ultime 24 ore 33.018 casi di positività, dei quali 29.085 asintomatici (più o meno lo stesso numero dell’Italia, ma su 1,4 miliardi di cittadini, non 60 milioni come da noi).
La Cina ha impiegato risorse enormi per inseguire lo Zero Covid e investito meno nei vaccini. Il dubbio più grave riguarda l’esperienza dei Paesi che già da molti mesi hanno scelto la «strategia di uscita» dall’emergenza permanente: a Taiwan, ci sono stati 11 mila decessi in sei mesi e l’isola ha un sistema sanitario migliore di quello cinese e una diffusione della vaccinazione decisamente più alta.
Se si fa la proporzione tra quel dato e la popolazione della Cina si arriva a 620 mila morti. Ma ci sono studi che prevedono fino a due milioni di morti, proprio a causa della bassa circolazione del coronavirus tra la popolazione in questi tre anni di lockdown e isolamento anche dei contatti stretti dei positivi.
La nuova fase
Ora le autorità parlano di «bassa letalità» della variante Omicron per giustificare la virata