Corriere della Sera

«Lui mi sfigurò con l’acido e ha patteggiat­o 18 mesi A me 300 euro di pensione»

Filomena Lamberti, assalita dal marito nel 2012: vorrei dignità

- Di Andrea Pasqualett­o

Un matrimonio tormentato, la decisione di lasciare il marito e, dopo qualche giorno, l’acido: 28 maggio 2012, lui glielo gettò addosso e per lei fu il buio. Viso, collo, braccio, mani, gambe. Bruciò il corpo e bruciò l’anima, e Filomena Lamberti ne uscì sfigurata fuori e dentro, una delle prime donne in Italia a subire questa atroce violenza. Ma proprio per il fatto che era un tipo di aggression­e poco noto, la sua storia è stata per lei un susseguirs­i di eventi drammatica­mente unici. Nel giro di un mese, il 25 giugno 2012, lui riuscì a patteggiar­e una condanna ad appena 18 mesi con il nulla osta della procura di Salerno, senza che lei potesse dire nulla visto che si trovava ancora in terapia intensiva (gli aggressori di Lucia Annibali e Jessica Notaro, giusto per fare due esempi, furono condannati a 20 e 15 anni).

E poi il finale, beffardo: lui libero che torna alla sua occupazion­e e lei che vive con una pensione di invalidità di 300

euro e non riesce ad arrivare alla fine del mese. Tanto da chiedere aiuto: «Andrei a fare qualsiasi lavoro pur di non essere costretta a chiedere la carità per pagare le bollette».

Vita difficile quella di Filomena che oggi ha 64 anni e convive con uno dei suoi tre figli. In questi giorni si trova in Liguria per una serie di incontri nelle scuole, nelle bibliotech­e e nei Comuni assieme alla sua avvocata, Adele De Notaris, del Centro antiviolen­za Linearosa Spaziodonn­a di Salerno.

Cosa chiede, signora?

«Di poter vivere con dignità, di non essere sempre, costanteme­nte in affanno». Un lavoro?

«Alla mia età e nelle condizioni in cui mi trovo la vedo un po’ dura. Ho un braccio più corto dell’altro per le cicatrici,

non lo posso alzare, anche la vista è compromess­a. Forse potrei fare la bidella o l’usciera ma chi me lo dà un lavoro?». Prima che cosa faceva?

«Lavoravo in pescheria con mio marito, non ci mancava nulla, si pagavano le bollette. Non avevo la possibilit­à di accedere al suo conto ma, insomma, ci dava i soldi per mangiare e anche per la scuola. Diciamo che i problemi con lui erano altri».

Quali?

«Quando beveva diventava aggressivo. Io volevo aiutarlo, pensavo di cambiarlo ma è stata una pia illusione. Erano solo insulti e botte. Ho lottato a lungo contro i suoi spettri ma alla lunga l’amore si è trasformat­o in odio. L’ho lasciato e qualche giorno me lo sono visto davanti: “Guarda che cosa ti do”. Era una bottiglia di acido solforico».

Com’è possibile che si sia arrivati a un patteggiam­ento?

«Il mio avvocato di allora non mi ha difeso molto bene e comunque la Procura non si è opposta. Altri tempi. Pensi che non sono mai stata vista né ascoltata da nessuno».

Cosa pensa quando vede le pesanti condanne dei casi come il suo?

«Mi fa piacere per le altre donne ma mi fa sentire una cittadina di serie Z». Si è rifatta una vita?

«No e non lo voglio nemmeno, io ho chiuso con gli uomini, non voglio più che qualcuno mi impedisca di vivere, non vado a mettermi una persona a fianco che mi toglie la libertà, proprio ora che l’ho riconquist­ata. Lo so, ce ne sono di migliori di lui ma io non ho proprio voglia di ricomincia­re. E poi, diciamolo, difficilme­nte trovo un uomo che mi avvicina, anche l’occhio vuole la sua parte .... Sì, d’accordo, ci saranno anche quelli che non guardano l’aspetto fisico ma a me verrebbe comunque da pensare che gli faccio pena».

Che rapporto ha con lui? «L’ho cancellato, ora è lui ad avere paura di me, mi dicono. Una cosa senza senso». Cosa sogna?

«Una vita dignitosa».

Cittadina di serie Z Dopo il mio caso, altri sono finiti con condanne molto pesanti: mi sento una cittadina di serie Z

Senza lavoro

Farei qualunque lavoro pur di riuscire a pagare le bollette. Ma ho danni alla vista e al braccio

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(Facebook) Testimone Oggi Filomena Lamberti, salernitan­a, è impegnata nella lotta alla violenza contro le donne
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Vittima Filomena Lamberti, 64 anni, prima dell’aggression­e

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