La vita agra nelle strade di Milano
Cosa vuol essere Milano? Un modello, un esperimento, una guida? O un rimpianto? Me lo sono chiesto leggendo l’intervista di Michela Proietti al «gran lombardo» Piero Bassetti. A una domanda sulla borghesia, il patriarca — 94 anni tra pochi giorni — risponde: «La borghesia? Distrutta dal rito del week-end. Era durante il fine settimana che si prendevano le decisioni importanti». Confesso: non sono sicuro. È stato così fino a una decina d’anni fa. Poi Milano s’è svegliata, s’è fatta bella e i borghesi milanesi hanno deciso che, in fondo, il sabato e la domenica si sta bene anche in città.
Il rischio di Milano, oggi, è un altro. Una città entusiasta per istinto e solidale per tradizione soffre di irritazione cronica. E sapete dove s’innesca, aumenta, esplode? Per le strade. Le strade sono fondamentali per l’umore collettivo. Sono l’unica forma di comunismo che abbia mai funzionato: sono di tutti, tutti le frequentano e le giudicano. Dove sono partite le resurrezioni urbane di Glasgow anni 80, Barcellona e Londra anni 90, Berlino e Manhattan anni Duemila? Per strada. Vogliamo rimanere in Italia? Prendete Brescia. Oggi una città migliore, più luminosa, quasi irriconoscibile: l’amministrazione uscente ha lavorato tenacemente sulle strade, il traffico, l’arredo urbano.
Milano sembra rassegnata alla litigiosità e alla confusione che vediamo: tutti fanno quel che credono, passano dove vogliono, si infilano dove possono. I disagi per la costruzione (ritardata) della M4 sono oggettivi: ma non bastano a spiegare lo stato d’animo. Sono rimasto colpito, nei giorni scorsi, dalla ferocia della reazione a un invito rivolto dalle pagine di Corriere Milano: «Ciclisti, usate le luci come in tutta d’Europa, è nel vostro interesse». La questione è diventata subito una guerra per bande: ciclisti contro automobilisti, automobilisti contro ciclisti, pedoni contro monopattini, quasi tutti contro i giornalisti (nelle lettere ricevute, sul blog, sui social, addirittura un flashmob in via Solferino!). Luciano Bianciardi, nel 1962, ambientò a Milano il romanzo «La vita agra». Sessant’anni dopo, l’aggettivo resta, purtroppo, attuale. L’umore di una città nasce e cresce nelle strade. E quello che si respira non è un umore dolce, sindaco Sala.