Urso: per Lukoil l’ipotesi di un coinvolgimento dell’Eni
A rischio la più grande raffineria del nostro Paese. Ma la strada potrebbe non essere semplice
Non si esclude un coinvolgimento dell’Eni nel futuro della Isab di Priolo, la raffineria a Nord di Siracusa di proprietà del gruppo privato russo Lukoil che il governo intende mettere sotto amministrazione fiduciaria temporanea per garantirne la continuità produttiva in vista delle sanzioni Ue al petrolio russo che scattano domani. «Il governo si assume la responsabilità di realizzare una amministrazione straordinaria temporanea avvalendosi anche di una società petrolifera che opera nel settore, che potrebbe essere l’Eni, e questo darà garanzia di continuità produttiva», ha detto ieri a Catania il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, chiamano in causa l’azienda guidata da Claudio Descalzi. Eni nei giorni scorsi aveva precisato che un suo coinvolgimento economico finanziario non è sul tavolo, ma le parole del ministro fanno prefigurare un possibile futuro del Cane a sei zampe nella gestione di Isab, che è la raffineria più grande del nostro Paese. Nei suoi mille ettari di estensione a Priolo, il gruppo ha in funzione due impianti da cui esce il 20% dei prodotti petroliferi utilizzati in Italia (in particolare gasolio) e una centrale elettrica da 500 MW.
L’ipotesi non è immediata, perché si attende ancora il decreto ad hoc per l’amministrazione fiduciaria e non è stata conclusa l’operazione di sistema con Sace e Cdp per creare un consorzio di banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Mcc). Resta da chiarire come superare la dipendenza finanziaria e commerciale di Isab dalla controllante svizzera Litasco, a sua volta controllata da Lukoil. Le banche, in quella che viene definita “over compliance”, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina hanno interrotto le linee di credito. E per rimettersi a finanziare l’azienda hanno chiesto garanzie a Sace (circa 600 milioni), ma anche la manleva nel caso di sanzioni Usa. Ieri Urso ha detto di aver ricevuto dall’autorità americana Olac (Office of Foreign Assets Control’s) una «comfort letter» con la garanzia che le banche che finanzieranno le operazioni ponte per Isab non saranno sottoponibili a sanzioni americane.
Con l’embargo Ue al greggio russo, Isab — mille dipendenti diretti e un indotto di circa 10 mila persone — sarà costretta a smettere di produrre se non potrà approvvigionarsi in altri mercati. Con una nota del 2 dicembre Litasco ha dichiarato di «essere pronta a garantire il costante funzionamento della raffineria, viste le materie prime immagazzinate per i prossimi mesi e le future consegne di petrolio non russo». Mesi che dovrebbero servire a trovare un compratore: sono riprese le trattative con l’azienda Usa Crossbridge Energy, che si erano interrotte anche per il mancato accordo sul prezzo.
Resta da chiarire come superare la dipendenza di Isab dalla controllante Litasco