L’intervento di Roma per convincere Saied L’offensiva leghista per una nuova stretta
Gestione dell’accoglienza, il piano del Viminale
I migranti sbarcati sulle coste italiane nei primi tre mesi dell’anno sono il quadruplo rispetto al 2022, quando a Palazzo Chigi c’era Mario Draghi e Giorgia Meloni guidava l’opposizione. I numeri del Viminale agitano il governo e preoccupano i presidenti delle Regioni del Sud che, dalla Calabria alla Sicilia, temono di essere «travolti» dal fenomeno. E anche se la questione non è all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi, Antonio Tajani e Matteo Piantedosi proveranno a portarla sul tavolo di Palazzo Chigi. «La Tunisia rischia di esplodere», è il timore dei titolari della Farnesina e del Viminale, che prevedono una crescita esponenziale degli arrivi. Il responsabile dell’Interno ha lodato il «cambio di passo» che Meloni avrebbe impresso al dossier più identitario per la destra e ora il governo deve convincere gli italiani che la premier non è tornata da Bruxelles, per dirla con Elly Schlein, «con un pugno di mosche in mano».
Il piano italiano, se tale si può definire, è la somma di una serie di azioni e pressioni politiche e diplomatiche rivolte all’Europa, agli Usa e a quei Paesi del Nord Africa da cui partono le barche cariche di vite umane. Il commissario Ue Paolo Gentiloni era ieri in missione a Tunisi, per chiedere riforme democratiche e promettere sostegno finanziario. Il faccia a faccia con il presidente Kais Saied ha rischiato di saltare per motivi di agenda e Roma, anche attraverso la mediazione dell’ambasciata italiana, si è mossa per scongiurare l’incidente. Tajani ha parlato con l’omologo tunisino Nabil Ammar e lo ha invitato in Italia per discutere «un pacchetto complessivo» di accordi bilaterali.
La priorità resta convincere il Fmi a sbloccare il maxi finanziamento da 1,9 miliardi alla Tunisia, concedendo i soldi per tranche. «Ma è una trattativa difficile», spiegherà in Cdm Tajani, che negli ultimi giorni ha lavorato in tandem con Meloni per sensibilizzare diversi Paesi europei sul problema Tunisia. Per ora Austria, Slovenia e Croazia hanno mostrato interesse e alla Farnesina, come a Palazzo Chigi, sono fiduciosi sulla «sintonia» mostrata da Macron durante il faccia a faccia con la premier italiana a Bruxelles. Meloni ritiene «molto importante» il ritrovato asse con la Francia sulla questione migrazioni e guarda con attenzione alla missione congiunta in Tunisia dei ministri dell’Interno italiano e francese, Piantedosi e Darmanin. Il viaggio per favorire una gestione coordinata del fenomeno è in programma per aprile, ma la data deve essere ancora fissata.
Il resto, spera fortemente Meloni, dovrà farlo l’Europa entro la fine di giugno. Rafforzare Frontex, aumentare gli stanziamenti per controllare le frontiere marittime e implementare i sistemi di sorveglianza. Ma nessuno nell’entourage della premier sembra credere che possa decollare a breve una nuova operazione militare Ue di sicurezza marittima, che ricalchi la missione Sophia.
C’è un fronte internazionale e ce n’è uno interno, che riguarda il salvataggio e la distribuzione dei migranti. «Solo nel week end sono state salvate tremila persone», rivendicano a Palazzo Chigi, memori delle polemiche dei giorni drammatici di Cutro. Dagli ultimi dati, le persone in accoglienza nel nostro Paese sono 130 mila. Per non allarmare la popolazione Piantedosi non ritiene necessario impiegare le caserme dismesse e ha dato disposizione ai prefetti di «non stressare» i singoli territori con arrivi massicci di africani in fuga, privilegiando «un’accoglienza diffusa». Intanto Salvini spinge per rafforzare la stretta. La Lega ha presentato al Senato 15 emendamenti al decreto Cutro. Si va dall’«ulteriore riduzione della protezione speciale», ai tagli dei servizi erogati nei Centri di accoglienza straordinari (Cas), come i corsi di lingua.
La scelta
Il ministro punta a una distribuzione con piccoli gruppi, per non «stressare» i territori