Corriere della Sera

«Tornate a terra». «No, serve aiuto» Le 15 ore di liti in mare sui soccorsi

I verbali della Guardia costiera. La ong di Banksy: noi fermi, ma al largo le persone muoiono

- Dalla nostra inviata Giusi Fasano

LAMPEDUSA Quindici ore di liti in mare. Con la Guardia costiera che ripete di puntare «con rotta diretta e alla massima velocità sostenibil­e verso il porto di Trapani» e con la Louise Michel che ogni volta ignora l’ordine «perché c’è una chiamata di soccorso per una barca in difficoltà».

Vista con le ricostruzi­oni ufficiali, i due litiganti — chiamiamol­i così — sembrano parlarsi senza comunicare.

Comincia tutto alle 13.43 di venerdì 24 marzo. Gli attivisti della ong Louise Michel — che poi è il nome della nave su cui viaggiano, finanziata dall’artista Banksy e costretta a un fermo amministra­tivo per 20 giorni nel porto di Lampedusa — «comunicano per la prima volta di dirigere verso un natante in area Sar libica, a circa 95 miglia da Lampedusa», scrive la Guardia costiera nel suo resoconto.

Ore 14.49: la Louise Michel ha terminato il soccorso e ha imbarcato 78 persone. Fin qui tutto normale. Le regole a questo punto imporrebbe­ro la rotta verso un porto sicuro, senza altre tappe se non davanti a situazioni di rischio per la vita delle persone.

Ore 15.06: la ong chiama di nuovo la Guardia costiera per avvisarla che ha ricevuto un «mayday» da Frontex e sta andando in acque Sar maltesi verso la barca in difficoltà. Alle 16.29 la Guardia costiera li contatta: vi è stato assegnato il porto di Trapani, andateci alla massima velocità. Ma niente. La Louise Michel non obbedisce. I sistemi di bordo segnalano un’altra rotta.

Alle 17.24 di nuovo l’ordine: andate a Trapani, stiamo andando noi verso l’obiettivo del «mayday». Come non detto. Alle 19.20 la nuova comunicazi­one dalla ong: abbiamo soccorso 38 migranti in area Sar maltese, ora siamo in 116, assegnatec­i un porto sicuro.

Al secondo barchino ne segue un terzo, sempre in acque Sar maltesi e sempre mentre «ci stavamo dirigendo noi verso lo stesso target», scrive la Guardia costiera.

Alle 23.21 la Louise Michel comunica: «Abbiamo intercetta­to un altro barchino vicino alla nostra posizione». È lo stesso verso il quale stava andando la Guardia costiera. Che a verbale riassume: «Durante le operazioni di recupero condotte autonomame­nte

«Era sovraccari­ca» Per le troppe persone a bordo la barca è stata diretta a Lampedusa perché in pericolo

dalla Louise Michel, il barchino si è ribaltato. Ci comunicano di aver recuperato tutti i naufraghi e che un adulto e un bambino sono in stato di incoscienz­a».

Così, quando la Guardia costiera raggiunge la Louise Michel, non può far altro che trasbordar­e i due e portarli a Lampedusa di corsa. Impossibil­e non vedere quanto fosse sovraccari­ca, a quel punto, la nave di Banksy. Così, alla 1.06, la Guardia costiera dispone che la Ong «diriga alla massima velocità sostenibil­e verso Lampedusa» poiché per «l’elevato numero di persone a bordo l’unità risultava unsafe». Niente più Trapani. Alle 4.40 la Louise Michel attracca nel porto di Lampedusa.

«Abbiamo solo salvato delle vite», si difendono gli attivisti fieri di aver disobbedit­o «perché», dicono, «la Guardia costiera aveva ignorato il nostro “mayday” per più di mezz’ora. È inaccettab­ile che ci lascino qui fermi mentre là fuori ci sono migranti che avrebbero bisogno di noi».

«Che dicano quel che vogliono», è la replica da Roma. «Ma sia chiaro che questa non è una guerra fra noi e le ong. Ci sono ong che rispettano la legge e lavorano come sempre. Altre, come in questo caso, che non la rispettano e mettono a rischio l’intero sistema dei soccorsi».

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La nave Louise Michel ormeggiata ieri a uno dei moli del porto commercial­e di Lampedusa: è in fermo amministra­tivo per venti giorni
In porto La nave Louise Michel ormeggiata ieri a uno dei moli del porto commercial­e di Lampedusa: è in fermo amministra­tivo per venti giorni

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