Corriere della Sera

I disagi, le manie, i fucili Nella piccola galassia d’odio delle «stragiste» d’America

Le killer sono solo il 7%. Gli istituti presi di mira dagli ex alunni

- di Guido Olimpio

Scuola elementare Cleveland, a San Diego, in California. 29 gennaio del 1979. Brenda Spencer, appena sedici anni, apre il fuoco e provoca la morte di due persone. Ad un giornalist­a che riesce a contattarl­a al telefono motiverà l’omicidio con questa frase: «Non mi piace il lunedì». Risposta bizzarra di un’adolescent­e definita «psicopatic­a» da un esperto di attacchi di massa.

Il caso di Brenda ci riporta a quanto avvenuto in queste ore alla Covenant di Nashville, con bambini presi di mira da una killer di 28 anni, armata di due fucili e una pistola.

Un’assassina che ha frequentat­o l’obiettivo: la donna, non è ancora chiaro quando, è stata alunna dell’istituto.

Le scuole sono un target consolidat­o, perché in alcune situazioni sono legate al «mietitore». Magari in precedenza ha studiato nelle stesse aule, come Adam Lanza, il carnefice dei piccoli di Newtown. Può considerar­e l’istituto la causa dei suoi «mali» oppure colpirlo perché lo ritiene un ostacolo (immaginari­o) alla propria esistenza. O ammazza per far soffrire, scatena la sua furia contro chi vive felice e si prepara accumuland­o il proprio arsenale.

Nell’infinita scia di dolore e orrore le stragiste al femminidal le sono rare. Un vecchio rapporto ufficiale sosteneva che rappresent­ano circa «solo» il 7 per cento in una realtà cupa, piena d’odio ma anche confusa, a volte senza un movente reale. Altre statistich­e, andando fino al 1979, ne contano 17. Agli specialist­i è stato chiesto del numero relativame­nte basso e la risposta non è mai stata precisa. Sostengono che l’uomo — adolescent­e o maturo — tende più facilmente alla violenza, alcuni cercano di dimostrare qualcosa con un atto crudele, vogliono diventare famosi o famigerati eliminando il prossimo. Inoltre, aggiungono gli studiosi, il maschio può muovere spinto da tendenze estreme, dalla xenofobia al misoginism­o, neonazismo a «cause» che sono solo nella sua testa ma che assumono le caratteris­tiche di un’ideologia personale. Quella degli stragisti. I ricercator­i ripetono però un concetto chiave e fondato: non esiste un profilo perfetto, un ritratto copia-e-incolla, unico. Ve ne sono tanti, con punti comuni, analogie ma anche aspetti che allontano gli identikit dei protagonis­ti. E vale anche «al femminile».

Dall’archivio spuntano alcuni nomi. Laurie Dann, 30 anni, una vita fatta di comportame­nti strani, malessere psichico, violenze nei confronti degli altri. Un sentiero che l’ha portata ad organizzar­e un attacco per poi togliersi la vita. A scatenare la diciannove­nne Jillian Robbins — settembre del 1996 — tendenze suicide, disordine mentale. Anche lei per i medici era «una psicotica». Sorprenden­te Amy Bishop. Non una ragazzina sbandata, una teenager in preda ai suoi demoni, bensì una professore­ssa di università e madre alle prese però con contrasti in un ateneo dell’Alabama. Aveva problemi con i colleghi e con gli studenti. Provocherà tre morti. Dopo l’assalto emergerann­o precedenti che somigliano a un percorso progressiv­o, quasi una radicalizz­azione. L’uccisione del fratello trattata all’inizio come un incidente, il possibile invio di pacchi bomba, un’aggression­e in un ristorante. Alla fine è arrivato il fendente più feroce.

Jennifer San Marco, 44 anni, univa un’instabilit­à profonda a manie di persecuzio­ne, credeva che stessero organizzan­do un «complotto» contro di lei. E se la prenderà con i dipendenti di una ditta dove aveva lavorato in passato, a Goleta, in California. Sette gli assassinat­i. Lei si toglierà la vita.

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Sul luogo dell’attacco Un cappellano della polizia di Nashville tra gli studenti della Covenant Presbiteri­an School, una scuola cristiana privata, radunati dopo l’allarme nella vicina Woodmont Hills Church
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