Brt e il caporalato dei pacchi Il sistema dei «risparmi illeciti»
Il tribunale: «Lucrati 100 milioni all’anno». La società: «Collaboriamo con la Procura»
Sul sistema di Brt-Bartolini, MILANO che per i magistrati milanesi «le ha consentito di risparmiare 100 milioni all’anno» da una decina d’anni «a tutto detrimento dei lavoratori e dell’Erario», crolla la linea Maginot dei vertici del colosso della logistica da 1,7 miliardi di fatturato, 4.000 lavoratori assunti e altri 18.000 impiegati indirettamente nel gruppo acquisito due anni fa dalle Poste francesi. E le ammissioni dei dirigenti, di fronte ai primi sequestri di indebiti risparmi fiscali per 44 milioni nel dicembre 2022 e per 24 milioni nel gennaio 2023, fanno cadere il velo sul fatto che i modelli orloro ganizzativi anti-illeciti di BrtBartolini «non avevano alcuna efficacia in quanto costruiti per mere finalità “cosmetiche”»: anzi «i vertici erano perfettamente consapevoli della inadeguatezza delle tariffe imposte ai fornitori, tariffe certo non in grado di coprire i costi e da cui derivavano l’evasione dell’Iva e dei contributi delle cooperative fornitrici di manodopera».
Per questo Brt-Bartolini da ieri è sotto «amministrazione giudiziaria» disposta dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano presieduta da Fabio Roia: i giudici Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita, su richiesta del pm Paolo Storari, alla ricerca di una misura efficace ma «invasiva il meno possibile», non hanno spossessato del tutto la proprietà, ma hanno nominato un amministratore giudiziario, Riccardo Bonivento, che per un anno affiancherà il consiglio di amministrazione «in funzione di “tutoraggio”» per bonificare l’azienda, irrobustire i controlli «ed evitare si possano nuovamente verificare ulteriori situazioni agevolatrici di attività illecite».
Già le indagini su un campione di 34 coop fornitrici a Brt di 3.434 autisti, e i racconti dei lavoratori, avevano indotto la Procura a ravvisare «una sistematica intermediazione illecita di manodopera»: nessuna autonomia delle coop e gestione reale in capo a Brt, non rispetto delle norme su sicurezza, continuo cambio di coop e quindi perdita dei diritti maturati, ricorso alla pratica del doppio bonifico a dispetto dell’apparente busta paga, autisti «padroncini» costretti a pagarsi rate e carburante dei furgoni.
Adesso emerge che l’avvocato giuslavorista di Brt, Gianluca Spolverato, interrogato il 23 febbraio dal pm, ha spiegato come Brt nel facchinaggio gestisca tutta la parte economica degli appalti, con i «padroncini» pagati al minimo in busta paga e saldati con bonifico senza pagare però contributi sulla differenza. E rivela che proprio da Brt era stata «data la disposizione di cambiare la cooperativa ogni due anni e aprirne un’altra per non far emergere criticità fiscali che potessero riverberarsi su Brt», sistema «a conoscenza dell’amministratore delegato Costantino Dalmazio Manti». Il quale, interrogato il 6 marzo e ora avvicendato, ammette anche di avere ricevuto da fornitori del gruppo un milione di euro di corruzioni tra privati nel 2016-2022.
«Il codice etico di Brt, se confrontato con le dichiarazioni rese da Manti e Spolverato dimostra plasticamente — addita il pm — il concetto di “decoupling” organizzativo: e cioè il fatto che, in parallelo alla struttura informale volta a seguire le regole istituzionali, si sviluppa un’altra struttura informale, volta a seguire le regole dell’efficienza e del risultato. In questo modo la costante e sistematica violazione delle regole genera la normalizzazione della devianza, in un contesto dove le irregolarità e le pratiche illecite vengono accettate e in qualche modo promosse in quanto considerate normali». Brt in una nota «conferma di voler collaborare con la Procura» e assicura «la volontà di implementare procedure e controlli ancor più stringenti». Analoga misura per Geodis Cl Italia (già colpita da 37 milioni di sequestro), stavolta per interrompere l’agevolazione del riciclaggio addebitato al dominus delle coop Antonio Suma.
L’altro fronte L’ex ad ha ammesso anche la corruzione: soldi versati dalle coop che volevano lavorare