Confessa l’avvelenamento dei genitori, 30 anni in appello
Bologna, il 21enne uccise il patrigno e ferì gravemente la madre. Il legale della donna: meritava l’ergastolo
«Oggi voglio dire la verità, mi dispiace parlare solo ora. Non l’ho fatto prima perché avevo paura, voglio assumermi le mie responsabilità e chiedere scusa alle persone a cui ho fatto del male. Sono stato io ad aver fatto quello di cui mi accusano».
Con un colpo di scena, Alessandro Leon Asoli, 21 anni, ieri davanti alla Corte d’Assise d’appello di Bologna ha confessato ciò di cui era accusato: aver ucciso il patrigno Loreno Grimandi, all’epoca 56enne, e aver tentato di fare lo stesso con la madre Monica Marchioni, 55 anni. I fatti risalgono al 15 aprile 2021: quella sera il giovane, che aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con il padre e la madre separati dalla sua nascita, aveva insistito per cucinare la cena per la donna e il marito, con i quali viveva a Casalecchio di Reno, prima periferia bolognese. Ma nelle pennette al salmone, si scoprirà dopo, aveva aggiunto nitrito di sodio, una sostanza velenosa acquistata sul web. Grimandi morì dopo atroci sofferenze, la madre si salvò perché aveva mangiato solo poche forchettate di pasta: il figlio tentò così prima di farle bere il veleno dopo averlo sciolto in un bicchiere d’acqua, poi di soffocarla.
Per due anni Asoli ha sostenuto che fosse stata la madre, spinta dal desiderio di uccidere il marito e di suicidarsi. Versione sostenuta anche nel processo di primo grado, al termine del quale i giudici lo avevano condannato a trent’anni di carcere senza però contestargli l’aggravante dei motivi futili e abietti, come chiedevano Procura e parti civili, che volevano l’ergastolo. Anche ieri, in Appello, l’imputato ha evitato l’ergastolo, con la conferma della sentenza di prima grado. Trent’anni sono però pochi per l’avvocato della madre, Marco Rossi. «Questi fatti gravissimi meritavano l’ergastolo», ha detto dopo la sentenza. Lo stesso aveva fatto la madre dopo la condanna in primo grado. Ma ieri il giovane, prima di lasciare l’aula in lacrime, le ha rivolto queste parole: «Spero che mia madre possa perdonarmi e di poter avere una seconda possibilità».
Il nuovo difensore di Asoli Davide Bicocchi, citando la letteratura scientifica sul matricidio e il mito greco di Oreste, aveva chiesto una rideterminazione della pena e il riconoscimento di un vizio parziale di mente: «Siamo di fronte a un ragazzo rifiutato dalla madre sin dalla nascita. Il delitto è maturato in un contesto familiare disfunzionale». Non gli è bastato, però, al pari della confessione, per ottenere uno sconto di pena.