Corriere della Sera

Il cambiament­o climatico? Così peggiorerà l’economia aumentando le disuguagli­anze

L’italiana Elena Verdolini tra gli esperti che hanno redatto il recente Rapporto dell’Ipcc dell’Onu Lo strumento ha l’obiettivo di fornire scenari futuri ai governi, che dovranno poi decidere cosa fare «Bisogna agire subito sui comportame­nti per evitare d

- Di Paolo Virtuani

La situazione climatica è grave, ma si può ancora invertire il percorso che ci porterebbe al disastro, a patto di agire subito e a fondo. È il messaggio rivolto ai decisori politici (e agli abitanti del mondo intero) del Rapporto dell’Ipcc sui cambiament­i climatici diffuso la scorsa settimana. Ma cos’è l’Ipcc, come opera, chi ne fa parte e quali sono i punti essenziali del Rapporto che dobbiamo tenere presente? Lo spiega Elena Verdolini, ordinaria di Economia politica all’Università di Brescia e senior scientist del Centro Euro-Mediterran­eo sui cambiament­i climatici, tra gli autori del Rapporto.

Qual è l’intervento più facile e meno costoso da fare nell’immediato?

«Partiamo da un dato di fatto: oggi nell’intero mondo scientific­o, con un accordo superiore al 99,9%, non c’è più alcun dubbio o discussion­e sul fatto che i cambiament­i climatici sono dovuti a cause umane. Da ciò deriva che dobbiamo agire su tre fronti: nel breve, nel medio e nel lungo periodo. Oggi l’investimen­to migliore è far comprender­e che i cambiament­i climatici sono un problema serio, urgente e che riguarda tutti. Di conseguenz­a cambiare i nostri comportame­nti, che produrrann­o risultati anche sul lungo termine».

Qual è il pericolo più grande che dobbiamo affrontare?

«Riguarda le nostre economia e la società, in particolar­e la gestione dei sistemi produttivi in un clima modificato con siccità prolungate ed eventi meteo estremi. Significa che l’agricoltur­a dovrà fronteggia­re sfide epocali, come nuovi cereali resistenti alle crisi idriche, malattie sconosciut­e di animali e vegetali. A cascata si producono conflitti per l’acqua, fame, migrazioni, prezzi insostenib­ili per i Paesi più poveri ma anche per i più fragili, penso agli anziani con pensioni minime all’interno dei Paesi più ricchi».

Cos’è l’Ipcc (Intergover­nmental Panel on Climate Change)?

«È uno strumento delle Nazioni Unite incaricato di fornire suggerimen­ti e scenari futuri ai governi che poi dovranno decidere cosa fare, tenendo conto di tutte le componenti (sociali, economiche, eccetera)».

Come si stilano i Rapporti? «L’Ipcc non dispone di scienziati propri che compiono studi sul campo. Ne fanno parte esperti di vari settori, distribuit­i in tre gruppi di studio: climatolog­ia; conseguenz­e sui sistemi umani e adattament­i; mitigazion­e. Sono loro a leggere e analizzare tutti i lavori usciti nelle riviste scientific­he e specializz­ate su questi temi. Poi li riassumono arrivando a conclusion­i in termini probabilis­tici dicendo, per esempio, che un certo scenario è very likely (90100% di probabilit­à che accada) o unlikely (meno del 30%)».

Il Sommario per i decisori è soggetto a negoziati politici?

«Quello scientific­o di 1.800 pagine comprende tutte le evidenze scientific­he, il Sommario è invece un documento politico dell’Onu che impegna tutti coloro che lo approvano, quindi viene negoziato parola per parola».

Il suo gruppo che ha stilato il Rapporto sulla mitigazion­e, come era composto?

«C’erano 278 autori nominati dai governi di 65 Nazioni, per il 41% da Paesi in via di sviluppo, il 30% erano donne. I quali hanno chiamato a supporto altri 354 scienziati che hanno letto oltre 18mila articoli. Il tutto su base volontaria: nessuno è stato pagato».

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Elena Verdolini, si è laureata in Scienze Politiche all’Università di Pavia, è ordinaria di Economia Politica all’Università di Brescia

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