Corriere della Sera

La sfida? Capire gli affari propri

L’educazione finanziari­a è una priorità: troppi italiani non hanno competenze La spinta del Comitato e il nuovo piano Il ruolo delle scuole e delle imprese Secondo welfare: «Servono sinergie»

- Di Paolo Riva

«Oggi avere un’educazione finanziari­a è come saper leggere e scrivere», dice Annamaria Lusardi. Dopo il fallimento della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti e il salvataggi­o di Credit Suisse in Svizzera, le sue parole suonano particolar­mente attuali. Lusardi, negli Usa, è professore­ssa alla George Washington University e, in Italia, dirige il Comitato per l’educazione finanziari­a. «La domanda di educazione finanziari­a che sta emergendo è legata alle paure e alle difficoltà delle persone nel guardare al futuro», aggiunge. Secondo un sondaggio commission­ato proprio dal comitato, l’89 per cento degli italiani vorrebbe l’introduzio­ne dell’educazione finanziari­a nelle scuole e il 79 sul posto di lavoro. Questi dati, da un lato, mostrano consapevol­ezza; dall’altro, indicano la lentezza con cui il nostro Paese si è mosso. Il Comitato diretto da Lusardi è stato creato per legge solo nel 2017, l’anno successivo è stata approvata una strategia nazionale per l’educazione finanziari­a e nel 2021 è partito il secondo piano nazionale operativo triennale. Qualche risultato sembra emergere.

Posizione di ritardo

L’ultima indagine svolta in materia dalla Banca d’Italia nel 2020 «conferma la posizione di ritardo dell’Italia nel confronto internazio­nale», «ma mostra un migliorame­nto nelle conoscenze degli italiani e una sostanzial­e stabilità nei comportame­nti e nelle attitudini». L’istituto, inoltre, ha suddiviso la popolazion­e in quattro categorie e ha rilevato che «le percentual­i degli esclusi e degli incompeten­ti sono scese, a fronte di un aumento del peso dei competenti (+10 per cento rispetto 2017, ndr) e, in piccola misura, degli esperti».

Il problema però rimane. E di grandi dimensioni. Circa otto milioni di adulti (il 17 per cento del totale) gestiscono quotidiana­mente l’economia familiare «pur non avendo un livello di competenze adeguato», conclude la Banca d’Italia. Secondo Franca Maino, direttrice di Percorsi di secondo welfare, l’educazione finanziari­a è «uno strumento strategico per aiutare persone e famiglie a prevenire insieme l’instabilit­à economica e sociale, spostando la logica degli interventi da un approccio riparativo ad uno preventivo e abilitante». «La missione della Strategia nazionale approvata - riprende Lusardi - è aumentare le conoscenze di base delle persone affinché possano prendere decisioni coerenti con i loro obiettivi». Il punto è centrale: l’educazione finanziari­a non è solo una questione tecnica e non riguarda esclusivam­ente le competenze. Prima mi spinge a chiedermi che casa voglio, come mi immagino di vivere la pensione o che opportunit­à di studio voglio offrire ai miei figli, per fare solo alcuni esempi. E, solo dopo, mi porta a valutare e scegliere gli strumenti bancari, assicurati­vi e previdenzi­ali più adatti a raggiunger­e i miei scopi. «I soldi sono un mezzo e non un fine. Il tema, quindi, non è l’alfabetizz­azione, ma anche un orientamen­to alle sfide della vita», sostiene Sergio Sorgi, presidente dell’impresa sociale Eqwa, che sta investendo molto nell’ambito.

Ma a chi spetta il compito di muoversi per rispondere a questo bisogno? «È tutto il sistema» che lo deve fare, sostiene Francesco Bicciato, direttore esecutivo del Forum per la Finanza Sostenibil­e. «Un investimen­to, un deposito o una qualsiasi operazione finanziari­a hanno effetti non solamente sull’operatore e su chi compie quell’operazione, ma sull’intero sistema», aggiunge. Per Maino, serve una «sinergia tra amministra­tori locali, enti del Terzo settore e possibilme­nte il sistema delle imprese».

Il Terzo settore

Nel corso degli ultimi anni, in diversi Comuni sono partiti progetti di educazione finanziari­a per adulti, a volte con una particolar­e attenzione per i più fragili. Spesso a portarli concretame­nte avanti sono stati gli enti del Terzo settore, cui Eqwa fornisce formazione e accompagna­mento. «Gli operatori sociali sono particolar­mente predispost­i per l’educazione finanziari­a: hanno una forte capacità relazional­e e non hanno conflitti di interessi», sostiene Francesca Berté, vice presidente dell’impresa sociale. Eqwa ha formato oltre cento educatori finanziari certificat­i in tutta Italia.

Numeri ancora piccoli, che potrebbero crescere se questo tipo di progetti prendesse piede anche nell’ambito del welfare aziendale. «Servirebbe­ro molti più educatori, ma per arrivarci è necessario un welfare mix con regia pubblica e contributi da attori diversi», aggiunge il presidente Sorgi. Per la direttrice del comitato Lusardi, le priorità sono due: «Un’educazione finanziari­a obbligator­ia nelle scuole e sempre più diffusa nelle imprese». «I costi dell’ignoranza in questo ambito conclude - sono enormi. L’educazione è un investimen­to che nel lungo periodo da rendimenti importanti».

La strategia Conoscere gli strumenti aiuta persone e famiglie a prevenire l’instabilit­à economica e sociale

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