La sfida? Capire gli affari propri
L’educazione finanziaria è una priorità: troppi italiani non hanno competenze La spinta del Comitato e il nuovo piano Il ruolo delle scuole e delle imprese Secondo welfare: «Servono sinergie»
«Oggi avere un’educazione finanziaria è come saper leggere e scrivere», dice Annamaria Lusardi. Dopo il fallimento della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti e il salvataggio di Credit Suisse in Svizzera, le sue parole suonano particolarmente attuali. Lusardi, negli Usa, è professoressa alla George Washington University e, in Italia, dirige il Comitato per l’educazione finanziaria. «La domanda di educazione finanziaria che sta emergendo è legata alle paure e alle difficoltà delle persone nel guardare al futuro», aggiunge. Secondo un sondaggio commissionato proprio dal comitato, l’89 per cento degli italiani vorrebbe l’introduzione dell’educazione finanziaria nelle scuole e il 79 sul posto di lavoro. Questi dati, da un lato, mostrano consapevolezza; dall’altro, indicano la lentezza con cui il nostro Paese si è mosso. Il Comitato diretto da Lusardi è stato creato per legge solo nel 2017, l’anno successivo è stata approvata una strategia nazionale per l’educazione finanziaria e nel 2021 è partito il secondo piano nazionale operativo triennale. Qualche risultato sembra emergere.
Posizione di ritardo
L’ultima indagine svolta in materia dalla Banca d’Italia nel 2020 «conferma la posizione di ritardo dell’Italia nel confronto internazionale», «ma mostra un miglioramento nelle conoscenze degli italiani e una sostanziale stabilità nei comportamenti e nelle attitudini». L’istituto, inoltre, ha suddiviso la popolazione in quattro categorie e ha rilevato che «le percentuali degli esclusi e degli incompetenti sono scese, a fronte di un aumento del peso dei competenti (+10 per cento rispetto 2017, ndr) e, in piccola misura, degli esperti».
Il problema però rimane. E di grandi dimensioni. Circa otto milioni di adulti (il 17 per cento del totale) gestiscono quotidianamente l’economia familiare «pur non avendo un livello di competenze adeguato», conclude la Banca d’Italia. Secondo Franca Maino, direttrice di Percorsi di secondo welfare, l’educazione finanziaria è «uno strumento strategico per aiutare persone e famiglie a prevenire insieme l’instabilità economica e sociale, spostando la logica degli interventi da un approccio riparativo ad uno preventivo e abilitante». «La missione della Strategia nazionale approvata - riprende Lusardi - è aumentare le conoscenze di base delle persone affinché possano prendere decisioni coerenti con i loro obiettivi». Il punto è centrale: l’educazione finanziaria non è solo una questione tecnica e non riguarda esclusivamente le competenze. Prima mi spinge a chiedermi che casa voglio, come mi immagino di vivere la pensione o che opportunità di studio voglio offrire ai miei figli, per fare solo alcuni esempi. E, solo dopo, mi porta a valutare e scegliere gli strumenti bancari, assicurativi e previdenziali più adatti a raggiungere i miei scopi. «I soldi sono un mezzo e non un fine. Il tema, quindi, non è l’alfabetizzazione, ma anche un orientamento alle sfide della vita», sostiene Sergio Sorgi, presidente dell’impresa sociale Eqwa, che sta investendo molto nell’ambito.
Ma a chi spetta il compito di muoversi per rispondere a questo bisogno? «È tutto il sistema» che lo deve fare, sostiene Francesco Bicciato, direttore esecutivo del Forum per la Finanza Sostenibile. «Un investimento, un deposito o una qualsiasi operazione finanziaria hanno effetti non solamente sull’operatore e su chi compie quell’operazione, ma sull’intero sistema», aggiunge. Per Maino, serve una «sinergia tra amministratori locali, enti del Terzo settore e possibilmente il sistema delle imprese».
Il Terzo settore
Nel corso degli ultimi anni, in diversi Comuni sono partiti progetti di educazione finanziaria per adulti, a volte con una particolare attenzione per i più fragili. Spesso a portarli concretamente avanti sono stati gli enti del Terzo settore, cui Eqwa fornisce formazione e accompagnamento. «Gli operatori sociali sono particolarmente predisposti per l’educazione finanziaria: hanno una forte capacità relazionale e non hanno conflitti di interessi», sostiene Francesca Berté, vice presidente dell’impresa sociale. Eqwa ha formato oltre cento educatori finanziari certificati in tutta Italia.
Numeri ancora piccoli, che potrebbero crescere se questo tipo di progetti prendesse piede anche nell’ambito del welfare aziendale. «Servirebbero molti più educatori, ma per arrivarci è necessario un welfare mix con regia pubblica e contributi da attori diversi», aggiunge il presidente Sorgi. Per la direttrice del comitato Lusardi, le priorità sono due: «Un’educazione finanziaria obbligatoria nelle scuole e sempre più diffusa nelle imprese». «I costi dell’ignoranza in questo ambito conclude - sono enormi. L’educazione è un investimento che nel lungo periodo da rendimenti importanti».
La strategia Conoscere gli strumenti aiuta persone e famiglie a prevenire l’instabilità economica e sociale