Al via i capigruppo dell’era Schlein Pd, i malumori nella minoranza
Eletti per acclamazione Boccia e Braga. Guerini: «Ci sono state forzature politiche»
Elly Schlein incassa i «suoi» capigruppo: Chiara Braga alla Camera e Francesco Boccia al Senato, per acclamazione, senza nessuna conta. I mugugni ci sono e diverse critiche vengono sollevate nel corso delle due assemblee dem a Montecitorio e a Palazzo Madama. Persino Lorenzo Guerini, gran mediatore con notevoli doti diplomatiche, non riesce a nascondere il suo disappunto.
La minoranza mastica amaro, ma alla fine può solo mettere agli atti perplessità e obiezioni. Per il resto, si fa come vuole la leader. Ora certamente il braccio di ferro si sposterà sulla segreteria. L’area che fa capo a Stefano Bonaccini vorrebbe un vicesegretario da affiancare a Marco Furfaro. Schlein sonda il terreno, ma parrebbe non avere intenzione di accogliere questa richiesta. Perciò la minoranza, cui spetterebbero 2 posti dei 14 della segreteria, rilancia e ne reclama 4. La situazione al momento è di stallo e nei capannelli dem si scommette sul fatto che alla fine la leader dovrà cedere sulla richiesta del vice. E si fanno già i nomi di due possibili candidati: Alessandro Alfieri e Pina Picierno.
Blazer blu pavone, la segretaria si presenta prima al Senato e poi alla Camera e non muove un muscolo facciale quando i parlamentari dem criticano il suo operato. La prima, a Palazzo Madama, è l’ex capogruppo Simona Malpezzi. «Avrei preferito che la discussione avvenisse tra di noi, prima che sui giornali». E ancora: «Schlein ci ha chiesto fiducia, questa fiducia deve
essere reciproca». Sandra Zampa non le manda a dire. «Avrei preferito una rosa di nomi», esordisce. Quindi aggiunge: «Dico subito che non accetterò logiche spartitorie. Poi vorrei che si superasse la rappresentazione che si fa che chi ha votato Schlein è di sinistra e chi invece ha optato per Bonaccini è un ex renziano». Anche Graziano Delrio non nasconde le perplessità: «Sei
stata talmente brava che non avrei nulla da criticare, ma bisogna ascoltarsi e parlarsi per condividere». Il dibattito termina, Boccia viene eletto con applausi e illustra subito le sue intenzioni: «Ora inizia un lavoro parlamentare in raccordo con il partito, che avrà come punto di riferimento costante le piazze».
Cambio di scena: ora tocca ai deputati dem dire la loro.
L’uscente Debora Serracchiani, salutata dal fragoroso applauso dei colleghi parlamentari, fa un discorso pacato, ma si toglie un sassolino dalla scarpa: «L’autonomia dei gruppi va tutelata e salvaguardata sempre». È una delle critiche principali che viene rivolta a Schlein per il modo in cui ha deciso di gestire la vicenda dei capigruppo. Serracchiani, però, non aggiunge al
tro. È il presidente del Copasir Guerini a fare l’intervento più articolato (e più critico) in quel consesso. L’ex ministro della Difesa esordisce con una battuta nei confronti della segretaria: «Avevo chiesto di far slittare di mezz’ora l’assemblea. È slittata di un’ora e mezza, la prendo come un anticipo della generosità di Elly sugli assetti della segreteria». Poi Guerini, con il suo solito modo di fare pacato non risparmia le critiche: «Sui capigruppo c’è stata una forzatura, ma per una prospettiva unitaria serve condivisione. Comunque il nostro confronto non termina qui, dobbiamo concentrarci sulla proposta politica complessiva che vogliamo rivolgere a tutto il Paese e non limitarci a battaglie identitarie». Quindi la conclusione: «Per trovare le ragioni per non trovarmi in disaccordo devo ricorrere al senso di responsabilità tramandato dalla cultura con cui sono cresciuto, metà cattolica e metà comunista».
I vicesegretari L’area di Bonaccini vorrebbe un vice da affiancare a Furfaro, come Alfieri o Picierno