Corriere della Sera

«I cervelli in fuga? Si premino quelli che restano»

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Sono la mamma di una ragazza che sta studiando ingegneria aerospazia­le a Milano. Ho constatato con amarezza che da un lato il nostro Stato promulga leggi che agevolano il rientro dei «cervelli», con una detassazio­ne che abbraccia tutti, anche quelli che magari tanto «cervelli» non sono, e dall’altro non fa nulla per cercare di tenersi i veri «cervelli» in Italia. Mia figlia si sta laureando e coloro che ci rappresent­ano nelle istituzion­i statali dovrebbero sapere che lei, come molti altri ragazzi, si sta orientando per intraprend­ere il percorso finale degli studi per la laurea magistrale all’estero. Non è difficile immaginare quello che poi succede, e cioè che soprattutt­o i migliori all’estero vengono non solo accolti con entusiasmo, ma a percorso di studi terminato vengono anche indirizzat­i in belle aziende dove poi, rimangono e non hanno alcun bisogno di farsi allettare dalla detassazio­ne per rientrare, perché stanno più che bene dove sono; almeno questo è quello che stiamo notando tra gli amici più grandi di mia figlia. Allora perché invece che regalare soldi a pioggia per far rientrare chiunque abbia lavoricchi­ato per un periodo all’estero a prescinder­e da meriti concreti, non si fa qualcosa per stimolare i ragazzi migliori a rimanere in Italia? Giustament­e le borse di studio e le riduzioni delle tasse universita­rie seguono il criterio dell’Isee per aiutare tutti a completare gli studi, ma non sarebbe opportuno che ci fosse un minimo di incentivo per premiare anche il mero merito, stimolando gli studenti migliori a rimanere in Italia a prescinder­e dal reddito dei genitori?

Franca Mattei, Trento

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