L’amore di Wisława Szymborska: siamo diversi come gocce d’acqua
L’autrice polacca vincitrice del Premio Nobel conquistò il pubblico perché i suoi versi non vivono «contro» il mondo ma «con» il mondo
Un grande successo ha sempre una ragione. Quello di Wisława Szymborska (19232012), che in Italia è divenuta a un certo punto popolare come di rado lo sono gli autori di poesia, ha un motivo semplice, che potremmo spiegare così. La poesia di questa autrice polacca non si concepisce contro il mondo, ma con il mondo. Spesso la poesia moderna è stata antagonistica, dimenticando o forse mettendo tra parentesi, quasi sospendendo, la questione dell’essere delle cose, il loro irriducibile splendore di doni che non riusciamo a comprendere. La poesia moderna è di frequente, come dice Montale, un «seguitare una muraglia/ che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia». O come nella Terra desolata di Thomas Stearns Eliot è un insieme di frammenti che puntellano rovine. È una forma di resistenza contro una realtà desolante, in cui semmai trapela, come in Eugenio Montale, l’ipotesi di una liberazione, di una fuga attraverso il «varco».
Trovo fraterna questa propensione a esplorare e rendere abitabili i territori più inclementi, mi appartiene il senso di inquietudine, la ricerca di ciò che non si trova, il sentire insomma la realtà come insufficiente (è l’esperienza de L’infinito leopardiano). E tuttavia a volte alcuni poeti, provenendo magari da esperienze ardue, ci ricordano anche l’altra metà del dilemma: la natura sorprendente di ciò che esiste, di ciò che irradia e pulsa nonostante «il male di vivere». Ci rimettono sotto gli occhi l’essere come principio di stupore, il dettaglio e il particolare come motivi di sorpresa. Questi poeti ci ricordano, senza necessariamente obliare l’orrore della storia e le leggi impietose della natura, l’unicità e singolarità del nostro esserci: perché proprio qui e ora, perché proprio così e non in un’altra forma?
Eccoci, con ciò, già dentro la poesia matura di Szymborska: «Perché mai a tal punto singolare?/ Questa e non quella? E qui che ci sto a fare?/ Di martedì? In una casa e non nel nido?/ Pelle e non squame? Non foglia, ma viso?/ Perché di persona una volta soltanto?/ E sulla terra? Con una stella accanto?/ Dopo tante ere di non presenza?/ […]». È la poesia Stupore, che fa parte della raccolta Ogni caso, pubblicata nel ’72.
Non è questione di ideologia o magari di partito preso. Talvolta i poeti più aperti alla meraviglia del mondo sono quelli che si conquistano tale punto di vista, spesso superando steccati, muraglie, barriere ideologiche. Per Szymborska, divenuta adulta nella Polonia del socialismo reale dopo essere stata minacciata dal nazismo, è stato così: non si tratta per lei di opporre una nuova ideologia positiva ad un’altra, di promulgare una specie di necessaria felicità da imporre agli altri (questo fanno i regimi totalitari, come l’autrice sapeva). No, si tratta di rimanere schiusi al segreto delle cose, al loro respiro. Si tratta di ridirsi, ed è stato questo il cuore del suo discorso in occasione della consegna del Premio Nobel a Stoccolma nel 1996, che noi non sappiamo. Cito qualche passo da quel discorso, intitolato Il poeta e il mondo: «L’ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un incessante “non so”». E ancora: «E ogni sapere da cui non scaturiscono nuove domande, diventa in breve morto, perde la temperatura che favorisce la vita». E in chiusa: «Nel linguaggio della poesia, in cui ogni parola ha un peso, non c’è più nulla di ordinario e normale. Nessuna pietra, e nessuna nuvola su di essa. Nessun giorno, e nessuna notte che lo segua. E soprattutto nessuna esistenza di nessun essere in questo mondo». Ecco perché, secondo la poetessa polacca, «questo mondo è stupefacente».
Chi si meraviglia e incuriosisce di fronte agli esseri, ai giorni, alle cose, non solo cono, me le vorremmo, ma così come sono, nella loro imperfezione, non può non mescolare un tocco di commedia alla tragedia, non può non aggiungere all’impasto della propria opera una dose di levità. Non per nulla Szymborska è stata una originalissima poetessa d’amore. La seconda uscita della collana La poesia è di tutti propone una specie di ininterrotto discorso sull’amore della poetessa polacca: è una scelta delle sue poesie sul tema, curata dal suo compianto traduttore italiaPietro Marchesani, che insieme formano quasi un involontario, piccolo trattato. Nessun tipo, nessuna forma di amore vi manca. Quello romantico e quello quotidiano. Quello felice e quello di chi pensa che gli amori felici non esistano. In attesa di Dino Campana, di Montale, Alda Merini, di tutti i grandi autori della collana, pensata per riscoprire la parola poetica come cosa che ci riguarda e interpella, Szymborska ci rivela l’amore in tutte le sue pieghe e i suoi volti. Perché gli amori sono tanti quanti sono gli esseri e i loro mondi interiori. Perché non finiremo mai di cercarci nell’altro, nell’altra: «Cercheremo un’armonia,/ sorridenti, fra le braccia,/ anche se siamo diversi/ come due gocce d’acqua».
Ispirazione
Quest’anno ricorre il centenario della nascita. Disse: la poesia viene dal «non so»