Corriere della Sera

UN CONFLITTO TRASVERSAL­E TRA PARTITI E POTERI LOCALI

- di Massimo Franco

La bocciatura della proposta di terzo mandato di governator­i regionali e sindaci, avanzata dalla Lega, sta creando un cortocircu­ito tra partiti e realtà locali. «Sì» e «no» non riflettono logiche di governo, di maggioranz­a o di opposizion­e. Fotografan­o soprattutt­o convergenz­e e distanze trasversal­i e tattiche, tese a privilegia­re vantaggi momentanei. E così, FdI, FI, Pd, M5S e Verdi si sono alleati per respingere il tentativo di Matteo Salvini di prolungare di fatto gli incarichi di alcuni presidenti del Carroccio.

E la cosa singolare è che il leader leghista, quando la commission­e parlamenta­re del Senato ha decretato la sconfitta sua e di Azione di Carlo Calenda, ha reagito con inedita moderazion­e. Si è limitato a dire che è un errore; che è tutto rinviato all’aula; e che comunque la spaccatura della destra non avrà riflessi sul governo di Giorgia Meloni. Dati i rapporti di forza, il capitolo sembra chiuso. In realtà è prevedibil­e che avrà strascichi non solo tra le forze politiche ma al loro interno. Vale per il Pd di Elly Schlein, che deve affrontare la protesta dei suoi governator­i contrari al no, ma non solo.

Così, un tema additato dalle opposizion­i come immagine di una coalizione di governo divisa, scarica i suoi effetti un po’ dovunque. Per la premier è una vittoria, perché le permette di sostituire in prospettiv­a gli eletti della Lega con quelli di FdI, forte delle percentual­i da primato. Ed è un po’ lo stesso per il M5S che spera di soppiantar­e i governator­i rimasti al Pd facendo valere, se non i numeri, l’ansia di Schlein di trovare una sponda. È così che Giuseppe Conte ha avuto la sua candidata in Sardegna.

Ma bisogna capire se i malumori tracimeran­no. La chat degli amministra­tori del Pd dopo il voto al Senato è un segnale da non sottovalut­are; tanto più con il gruppo di Matteo Renzi che addita di nuovo una subalterni­tà al M5S. Idem l’evocazione di «uno scontro di Palazzo» a danno dei Comuni da parte del presidente dell’Anci, Antonio Decaro. E poi c’è la critica del governator­e di FI della Liguria, Giovanni Toti, che sa di velato avvertimen­to al partito di Giorgia Meloni. Primo: Toti prevede uno scontro tra le competenze di Stato e Regioni. Secondo: sostiene che «cambiare le regole per avvantaggi­are il partito del momento non sia qualcosa di utile al Paese». E ancora: «I voti si spostano con una volatilità straordina­ria. In Veneto alle Politiche FdI è stato il primo partito, ma poco più di un anno prima la lista del governator­e Zaia è stata il primo partito di quel territorio». Come dire alla premier: attenta, i rapporti di forza possono cambiare rapidament­e. È un invito a riflettere su un «no» al terzo mandato che a breve termine le promette più potere ma domani potrebbe rivelarsi un boomerang.

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