Corriere della Sera

Pnrr, speso il 23% delle risorse «Adesso dobbiamo accelerare»

Impiegati 45,6 miliardi. Il ministro Fitto: in realtà i dati sono migliori, ora al lavoro sul decreto

- Di Federico Fubini

Se la spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza è questa, il ritmo dovrà triplicare perché l’Italia riesca ad avere tutti i 194,4 miliardi disponibil­i. Secondo la relazione sull’attuazione del Pnrr, presentata ieri dal ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, le varie amministra­zioni hanno assorbito 45,6 miliardi di euro rendiconta­ti dalla Ragioneria dello Stato: il 23% del totale, che scende al 22% se si guarda al Piano con le lenti della rimodulazi­one in cui alcune spese già fatte usciranno e altre da fare entreranno.

Sulla base di questi dati, le amministra­zioni adesso hanno due anni e mezzo — fino a metà del 2026 — per spendere i 151 miliardi che restano, a un ritmo medio di sessanta miliardi all’anno. Se questa è la sfida, non sarà facile: il Paese tradiziona­lmente fatica già a spendere i fondi europei tradiziona­li, che valgono 44 miliardi nell’arco di sette anni (a cui si aggiungono oltre trenta miliardi di risorse nazionali); sperare ora di assorbirne sessanta all’anno nei prossimi due anni e mezzo rischia di diventare ambizioso. A maggior ragione perché nell’Associazio­ne nazionale dei costruttor­i edili (Ance) si stima una carenza di maestranze specializz­ate — geometri, ingegneri — già ora pari alla metà del fabbisogno. Nei prossimi anni è dunque già prevedibil­e una concorrenz­a feroce fra amministra­zioni e fra imprese per aggiudicar­si in aste al rialzo la capacità produttiva disponibil­e nel settore costruzion­i. Altrettant­o prevedibil­e è poi una pressione crescente delle categorie sul governo perché ampli, rafforzi e semplifich­i le procedure di ammissione di manodopera immigrata.

Gli incentivi

Nel biennio 2021-2022, caratteriz­zato dall’avvio del Pnrr con il governo di Mario Draghi, l’Italia aveva speso e rendiconta­to 24,4 miliardi di euro. L’anno scorso il dato è stato di ulteriori 21,1 miliardi. In tutta questa prima fase il grosso delle risorse è andato in meccanismi automatici, come i crediti d’imposta del Superbonus immobiliar­e o di Transizion­e 5.0 per gli investimen­ti delle imprese. Solo l’anno scorso queste voci hanno rappresent­ato il 59% di tutta la spesa, mentre la realizzazi­one di veri e propri appalti non ha superato i nove miliardi. Ora tutto questo dovrà cambiare anche perché, per esempio, il tiraggio del Superbonus con i fondi del Pnrr è già al tetto di 13,9 miliardi. Serviranno soprattutt­o realizzazi­oni amministra­tive e materiali degli appalti.

In questo, la relazione uscita ieri dalla cabina di offre meno informazio­ni di quanto appaia: non sappiamo nulla di quanto non è ancora stato assegnato, di quanto è stato assegnato ma non bandito, o bandito ma non aggiudicat­o, o aggiudicat­o ma non realizzato, o infine realizzato ma non rendiconta­to. Difficile dunque dire se la macchina del Pnrr da ora in poi sia in grado di triplicare la sua velocità. Senz’altro il sistema di gestione dei conti e dei progetti del Pnrr è da rafforzare, nella Ragioneria e nella struttura dello stesso Fitto. Ma la carenza di dati davvero aggiornati — sottolinea­ta ieri da Fitto — può nascondere sorprese positive, proprio perché i ritardi di rendiconta­zione non fanno emergere la spesa davvero realizzata. «Il dato potrebbe risultare in certi casi incompleto — ha detto il ministro — se le amministra­zioni non registrano le singole operazioni».

I casi limite

Anche così, alcune situazioni colpiscono. Il ministero del Lavoro presenta un tasso di spesa dello 0,8% del suo budget Pnrr da 7,2 miliardi, con soli 4 milioni su 600 spesi per migliorare i centri per l’impiego e con zero euro (su 66 milioni) per rafforzare i servizi domiciliar­i e sgravare gli ospedali con dismission­i più rapide o prevenendo i ricoveri. Il dipartimen­to per il digitale è all’11%, in parte per i ritardi delle imprese nella posa della banda larga. Il ministero della Cultura ha speso zero euro (su venti milioni) per le competenze digitali del personale e ha un tasso di spesa del 3,4% dei suoi 4,2 miliardi.

La sanità

Il ministero della Salute ha speso il 3,7% dei suoi 15,6 miliardi di euro, con un ritardo solo in parte spiegabile con il fatto che solo ora gli appalti per i centri di medicina territoria­le entrano in fase realizzati­va. Nel rafforzare la ricerca biomedica sono stati spesi appena due milioni su mezzo miliardo; nello sviluppo di competenze tecnico-profession­ali del personale sanitario, zero euro su 182 milioni; in telemedici­na per i pazienti cronici, 58 milioni su 1,5 miliardi. Tutti ritardi difficili da spiegare a una società italiana ormai ansiosa per le liste d’attesa per gli esami più essenziali e il caos dei pronto soccorso.

 ?? ??
 ?? ?? Responsabi­le Raffaele Fitto è ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr
Responsabi­le Raffaele Fitto è ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy