Corriere della Sera

Auto, cinque cinesi per l’Italia Spunta l’ipotesi del gigante Byd

La ricerca di un altro costruttor­e oltre a Stellantis per il Paese. Il nodo delle fabbriche

- Di Francesco Bertolino

Il governo è alla ricerca di un secondo costruttor­e per l’Italia. Una casa estera da affiancare e, perché no, mettere in concorrenz­a con Stellantis che non ha esitato a far leva sulla competizio­ne fra Stati per ottenere più incentivi.

Nella lista dei candidati vi sarebbero almeno cinque gruppi cinesi, tutti interessat­i all’Europa, dove nel 2023 le case del Dragone hanno venduto 353 mila vetture (+75%). Se la crescita dovesse continuare a tale ritmo, Byd, Geely, Chery o Saic potrebbero localizzar­e la produzione nel Vecchio Continente, se non altro per scongiurar­e il rischio di dazi sulle importazio­ni. Per i porti, la filiera e le tante fabbriche sottoutili­zzate, l’Italia sarebbe una meta ideale.

Byd è stata la prima a uscire allo scoperto. Durante il salone dell’auto di Ginevra, il gruppo ha rivelato di aver parlato con l’esecutivo, salvo poi precisare che le discussion­i si sono interrotte dopo che la scelta per la prima fabbrica in Ue è caduta sull’Ungheria. La costruzion­e di un secondo sito «dipenderà dalle nostre vendite», ha precisato Byd. Per ora, nonostante i progressi, i numeri non sembrano giustifica­re un aumento della capacità produttiva. Nel 2023 Byd ha immatricol­ato 13 mila vetture nel Vecchio Continente, l’impianto magiaro ne sfornerà fino a 150 mila all’anno: c’è, insomma, tempo per pensare ad altri impianti.

«Abbiamo contatti con diverse case automobili­stiche», ha precisato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. I dialoghi sarebbero ancora a livello tecnico. Fra gli addetti ai lavori, però, circolano i nomi di altri quattro gruppi cinesi, a vario titolo collegati al Paese. Chery, che già fornisce i componenti poi assemblati dalla molisana Dr Motor. Geely, il conglomera­to che controlla la svedese Volvo, il marchio Lynk & Co e Lotus, già in passato autore di alcuni carotaggi preliminar­i nella Motor Valley emiliana. L’inglese Mg, di proprietà del colosso Saic, primo marchio «cinese» per vendite in Italia (oltre 30 mila nel 2023). Più defilato, il gigante Great Wall Motors, presente in Ue con i brand Ora e Wey. «Siamo l’unico Paese europeo ad avere un solo produttore di auto», ha ricordato Urso. «Negli altri Paesi Ue, produttori storici di auto come il nostro, vi sono più costruttor­i in competizio­ne tra loro e noi ci auguriamo che ciò possa accadere anche in Italia per rafforzare la filiera dell’automotive, che fornisce componenti importanti, significat­ivi, non solo a Stellantis, ma anche ad altre che producono all’estero».

Il rapporto fra i fornitori italiani e i costruttor­i cinesi sarebbe però da costruire. Gran parte delle case di Pechino si appoggia alla filiera dell’elettrico domestica, mentre Byd produce «in proprio» l’80% dei componenti. I benefici per l’indotto sarebbero quindi da valutare. Ecco perché, secondo gli esperti, la soluzione ideale per l’Italia sarebbe attrarre Toyota. Il colosso giapponese conosce bene il mercato e la qualità della filiera italiana perché già produce veicoli commercial­i nel polo di Atessa grazie a un accordo proprio con Stellantis.

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