Dischi luminosi e mistici: l’arte come piattaforma emozionale
Aperto a Milano The Prism Core Center di Simontacchi: le sue opere da vedere in un percorso meditativo
No. Non chiamatele opere. Sono qualche cosa di più. E di diverso. Portali. Luoghi attraverso i quali entrare in risonanza con una dimensione che travalica i limiti stessi del corpo. «Arte sciamanico-spirituale» la battezza il suo autore, Stefano Simontacchi alias The Prism, manager di caratura internazionale, ai vertici della professione legale e della vita economica italiana, diventato artista suo malgrado.
Ieri a Milano in piazza Napoli — in uno spazio-luce di armonie felpate, dove prima era una banca — ha inaugurato The Prism Core Center (ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria). Né museo né galleria, ma «piattaforma emozionale» scandita da ipnotici lavori astratti. Dischi in plexiglass e led di singolare intensità luminosa, distribuiti in due percorsi a cura del critico e filosofo Marco Senaldi: un nucleo di nuove creazioni (Emotional Journey) e la riedizione di Project Revelation, installazione percorribile, presentata con grande successo la scorsa Design Week.
È un viaggio di venti minuti in sette stanze (numero altamente simbolico in ogni religione) che — con un tocco di misticismo — si compie nell’oscurità, in solitudine, guidati in cuffia dalla voce regicon di Simontacchi-the Prism. Che invita a muoversi con lentezza, a trattenere o rilasciare il respiro, a posizionarsi nei punti in cui avvertire vibrazioni per sintonizzarsi quelle energie capaci di aprire inediti canali di comunicazione tra il visibile e ciò che visibile non è. Ex tenebris lux.
Un’esperienza ad alto tasso di intensità, che riesce a smuovere (scettici compresi) qualcosa di inafferrabile nelle regioni meno frequentate dello spirito. «Non un miracolo, ma il risultato di una lunga ricerca», spiega l’autore. Uomo assetato di assoluto, che una ventina di anni fa, in risposta a un’urgenza interiore, ha iniziato a esplorare i territori del profondo. Prima la lettura: saggi di Jung, Jodorowsky, il Conte di Saint-germain («Io Sono è la mia Bibbia»). Poi incontri illumina(n)ti («la sincronicità junghiana») e la meditazione. «Annullo l’ego, divento un canale vuoto, entro in trance e all’apice dello stato meditatistrata vo l’opera arriva, la vedo con chiarezza e — così come la vedo — la disegno». L’arte, conseguenza «involontaria», è quindi «strumento di ricerca» in un cammino che procede per gradi di rivelazione «verso quella parte di sé sconosciuta anche a noi stessi». Ogni opera, insomma, «un portale energetico». Un totem carico di archetipi. Un talismano.
Non è facile da comprendere con gli strumenti del pensiero logico razionale. Bisogna schivarne le trappole, accantonare i pregiudizi. E — come recitava un vecchio slogan —provare per credere.