Il nipote di Crosetto in corsa: lui un maestro, mi dà consigli
Consigliere a Torino, contro Vannacci e l’«apologia» dei saluti romani, sarà nelle liste di FDI alle Europee
TORINO Non ne fa mistero: se è lì, il cognome che porta ha avuto il suo peso. Certo, non si chiama Meloni come la premier o come la sorella Arianna di cui si discute in queste ore la candidatura alle Europee. Ma quella di Giovanni con il co-fondatore di Fratelli d’italia Guido Crosetto è pur sempre una parentela che conta. Soprattutto quando si tratta di convincere gli elettori a scrivere il proprio nome sulla scheda. «La mia fortuna è avere un rapporto veramente paterno con mio zio — ripete spesso il nipote del ministero della Difesa —, lui è un maestro, mi dà consigli e mi indica la strada da seguire».
Così, adesso i «fratelli» vogliono portare il piccolo Crosetto a Bruxelles. «Sarà uno dei nostri candidati di punta in Piemonte», ha dichiarato al Corriere il vicecoordinatore regionale di FDI, Paolo Bongioanni.
Trentatré anni, cuneese trapiantato a Torino, dove si è laureato in Economia, Giovanni appartiene alla dinastia di costruttori di rimorchi della famiglia del «gigante di Marene». Tre anni fa l’approdo in politica, quando il suo cognome scritto a caratteri cubitali (ma senza il nome e la foto) è apparso sui manifesti sei metri per tre delle elezioni comunali torinesi. «Sinora ho portato avanti la mia passione politica da militante — aveva chiarito quando era ancora un candidato in erba —, questa è la prima campagna elettorale dove mi metto in gioco personalmente. Da un lato è un onore raccogliere l’eredità di famiglia, dall’altro un onere perché sento gli occhi puntati addosso: sto lavorando il doppio per raggiungere un buon risultato e non deludere le aspettative».
L’esito era stato più che onorevole: eletto con 1.002 voti di preferenza. E così, da tre anni, Giovanni siede nei banchi del Consiglio comunale, dove ricopre l’incarico di capogruppo. Da allora qualcuno lo ha ribattezzato il «nipote d’italia». Il giovane Crosetto si è distinto per aver criticato quei «fratelli» che hanno partecipato alle presentazioni del libro del generale Vannacci, lotta contro la carne sintetica, che definisce una «porcheria», e sostiene la linea filoatlantista e pro Israele nei dibattiti sulle questioni internazionali. Di recente ha fatto storcere il naso a qualche vecchio nostalgico del Msi, quando ha condannato apertamente le decine di saluti romani al raduno di Acca Larentia: «Una agghiacciante apologia del fascismo».