I rampolli dei clan, gli agguati La faida che spaventa Bari
Il nipote del boss ucciso dopo 17 anni di carcere. Il ruolo degli scissionisti
BARI In un colpo solo, nel bel mezzo di una serata (fino ad allora) tranquilla, Bari è pericolosamente ritornata agli anni Novanta. La città che nell’ultimo ventennio si è raccontata — ed è diventata — moderna, vivace, attrattiva per multinazionali, cinema e tv, in una ventosa sera di Pasquetta si è riscoperta vulnerabile alle guerre di mafia di un passato non troppo lontano. E lo ha fatto, soprattutto, nel periodo in cui si parla del possibile scioglimento per mafia dell’amministrazione comunale.
Perché l’omicidio di Raffaele «Lello» Capriati di lunedì sera nel quartiere Torre a Mare, potrebbe essere il segnale del ritorno di una faida che si considerava finita, ma che forse era solo in pausa. Quella tra il clan Capriati, egemone su Bari Vecchia, e gli Strisciuglio, scissionisti dei Capriati e «padroni» di vari quartieri periferici del capoluogo. Ad alimentare le recenti tensioni ci safilippo rebbe il comportamento «esuberante» tenuto dai rampolli dei clan in varie occasioni, soprattutto nelle discoteche di Bari e provincia.
Tra il 2001 e il 2003 la guerra provocò, oltre a tante vittime tra gli affiliati, anche la morte di due innocenti, il 15enne Michele Fazio (luglio 2001) e il coetaneo Gaetano
Marchitelli (ottobre 2003). Per il concorso nell’omicidio di Fazio, ucciso per errore mentre tornava a casa a Bari Vecchia, Lello Capriati ha scontato 17 anni di carcere dal 2005 all’agosto 2022.
Tra le piste seguite dagli inquirenti per l’omicidio di Capriati (sul caso indagano Dda e la Squadra Mobile diretta da Portoghese) c’è anche quella della vendetta per un episodio avvenuto pochi giorni prima.
All’alba di Venerdì santo, due ragazzi di 19 e 20 anni sono stati feriti a colpi di pistola nella piazza centrale del quartiere Carbonara, tra le roccaforti degli Strisciuglio. Il sospetto è che a sparare siano state persone vicine ai Capriati, e che i rivali abbiano deciso di vendicare lo sgarbo. Per vendetta, dunque, sarebbe stata organizzata e messa a segno l’esecuzione di Capriati, ucciso con quattro colpi di pistola mentre era in macchina con una donna. È stata lei a chiamare il 118, prima di scappare all’arrivo dell’ambulanza. Capriati, nipote del boss Antonio (all’ergastolo) e fratello del «reggente» Filippo (condannato a 16 anni) è morto al Policlinico di Bari.
Sull’episodio è intervenuto il sindaco di Bari, Antonio Decaro: «È un fatto gravissimo. A prefetto e questore ho chiesto la massima attenzione. La città non può vivere nel terrore dell’attesa di un regolamento di conti tra clan». Giovedì ci sarà in Prefettura un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, nelle stesse stanze in cui è a lavoro la commissione d’accesso del Viminale per valutare l’ipotesi di scioglimento del Comune.
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Il sindaco Decaro La città non può vivere nel terrore dell’attesa di un regolamento di conti tra cosche