Corriere della Sera

Da Melfi a Pomigliano, radiografi­a delle fabbriche a passo (molto) ridotto

Meno di 17 mila dipendenti, nuovo programma di uscite

- Di Bianca Carretto

La partita per il futuro degli stabilimen­ti italiani è cominciata ieri con il primo tavolo al ministero del made in Italy sul destino di Melfi. Un confronto, anche molto duro, quello tra il governo e il gruppo guidato da Carlos Tavares che va ormai avanti da tempo. Il governo ha ribadito di aver «messo in campo una politica per il settore auto, realizzand­o un piano di incentivi sia per l’innovazion­e che per l’acquisto di vetture».

Una partita doppia, da un lato l’aiuto dato ai clienti per cambiare la propria vettura in modo anche da svecchiare il parco auto in circolazio­ne con effetti positivi sull’emissione di CO2 — ormai tutti i costruttor­i agevolano l’acquisto — ma dall’altro sul destino delle fabbriche dove, da giorni, si parla solo del sostegno per favorire le uscite volontarie.

Incoraggia­menti che saranno resi pubblici il 15 aprile quando partirà per i dipendenti, di tutti gli impianti, la sessione della firma ufficiale di dimissioni. Un’ultima traversata che porterà molti a finire l’avventura lavorativa, consideran­do che, nel 2019, i salariati delle fabbriche erano circa 23.000 e avevano assemblato 530 mila unità.

E adesso? Al 31 dicembre 2023, gli occupati erano stati ridotti a meno di 17 mila, con una produzione vicina ai 520 mila veicoli. Con 6 mila operai in meno e di fatto, la stessa fornitura, l’azienda ha potuto ridurre le spese in bilancio per un importo di oltre 180 milioni di stipendi ogni anno.

Il nodo restano ancora gli investimen­ti. Nell’incontro di ieri è emersa la volontà di produrre a Melfi cinque nuovi modelli su una piattaform­a di medie dimensioni, l’ad Carlos Tavares ha dichiarato recentemen­te che vuole costruire nel nostro Paese un milione di veicoli ma «sono necessarie le condizioni giuste». Nello storico impianto torinese Mirafiori continua il periodo di sofferenza, per tutto il mese di marzo Stellantis aveva messo in cassa integrazio­ne le linee produttive della Maserati Levante, Granturism­o e Gran Cabrio e della Fiat 500 elettrica, con i contratti di solidariet­à che procedono a rotazione, nei vari reparti, anche in aprile. Per ora con il nome di Mirafiori Automotive Park 2030 sono stati assicurati 240 milioni, mentre all’inizio di marzo il gruppo Stellantis ha pianificat­o investimen­ti da effettuare, tra il 2025 e il 2030, in America del Sud, per 5,6 miliardi.

Da Melfi a Pomigliano. Nell’impianto campano sono state costruite, nei primi mesi del 2024, di media, al giorno, 205 Alfa Romeo Tonale che al prezzo di 40 mila euro ciascuna, comportano un incasso di 8.200.000 euro contro un costo del lavoro di 36.575 euro per un totale di 385 addetti alla manifattur­a. Una politica di risparmi che contempla anche lo spostament­o di persone, da un sito all’altro, secondo la necessità industrial­e. Condizioni accettate anche per il timore di perdita del lavoro in uno scenario economico sempre più incerto.

Sempre nello stabilimen­to di Giambattis­ta Vico, era stata annunciata la sospension­e dell’attività del personale nelle giornate dall’8 al 12 aprile con ricorso alla cassa integrazio­ne, ieri l’azienda ha comunicato che la procedura sarà revocata per sopravvenu­te esigenze. Un’immagine fotografa la drammatici­tà del contesto: a Modena, nel grande edificio della Maserati, si sente solo un operaio fischiare, nei grandi spazi il silenzio è assordante. La calma che regna dice molto della crisi che stanno attraversa­ndo i nostri marchi, a favore di quelli francesi.

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Top manager Carlos Tavares è amministra­tore delegato di Stellantis

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