Promesse di assunzione, bollette pagate e buoni spesa Non solo i cinquanta euro per la caccia agli elettori
Il serbatoio dei contatti nelle liste dei corsi professionali
BARI Un enorme database, computerizzato, con i dati di tutti i possibili elettori da corrompere. I nomi erano oltre duemila, tra chi si era iscritto ai corsi di formazione professionale gestiti dalla società di Alessandro Cataldo (detto «Sandrino», marito dell’ormai ex assessora regionale ai Trasporti Anita Maurodinoia), e chi in quei corsi aveva il ruolo di tutor o docente. O anche semplici elettori già «corrotti» e da schedare. Oltre ai nomi anche indirizzi, numeri di telefono, documenti d’identità. Una profilazione che serviva ad ampliare il più possibile il bacino elettorale di «Sud al centro», il movimento politico fondato da Cataldo.
Un movimento di particolare successo, la cui candidata di punta era Maurodinoia: eletta con oltre seimila voti alle Amministrative baresi del 2019, ne ricevette quasi ventimila (presentandosi però col Pd) alle Regionali 2020. Ma i successi di «Sud al centro» su cui ha acceso i fari Procura di Bari — che indaga anche su Maurodinoia per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale — sono anche altri: quelli delle Comunali di Grumo Appula del 2020 e di Triggiano del 2021. Il sindaco di quest’ultimo comune, Antonio Donatelli, è da due giorni ai domiciliari come Cataldo. L’ex assessore dell’altro, Nicola Lella, è invece in carcere.
Particolare attenzione è stata però riservata dagli inquirenti all’attività di Cataldo legata alla formazione professionale, definita dai pm «un formidabile contenitore di dati» di persone predisposte «ad aumentare e diversificare le proprie fonti di reddito, cui offrire contratti a termine in qualità di docenti o tutor». Persone «di fatto “schedate”, agevolmente contattabili e avvicinabili al momento opportuno: in occasione delle consultazioni elettorali». Non c’erano però solamente i dati di chi era iscritto ai corsi di Cataldo. I pm hanno notato anche come il fondatore di «Sud al centro» sarebbe stato anche il «socio occulto» di due importanti università telematiche, Pegaso e Mercatorum, che avevano la propria sede barese nello stesso posto della sua società, la Ascogi.
Agli elettori, anche a quelli esterni al database, venivano poi offerti soldi (fino a 50 euro a voto), posti di lavoro (come docente nei corsi di formazione, badante o Oss), buoni spesa, il pagamento di bollette o anche «altre utilità». «Ho tutti gli amici di mio figlio da far votare, faccio venire lui a fare il rappresentante di lista, ma voglio la bombola del gas», dice una signora di Grumo Appula in difficoltà ad accendere i fornelli.
Ma come veniva certificato poi il voto promesso? A spiegarlo a un finanziere è Armando Defrancesco, «figlioccio» di Cataldo da due giorni ai domiciliari ma (solo per qualche mese) deciso a «distruggerlo» perché ritenuto colpevole di non avergli garantito la rielezione al I municipio di Bari nel 2019. «Noi li contattavamo tutti — spiega — dicevamo: lasciate i vostri documenti poi vi chiamiamo. Loro venivano, noi davamo i facsimile di votazione. Quando si dice che il voto è segreto, è una bugia».
Agli elettori venivano fornite delle «formule di voto» con cui verificare le preferenze espresse in ogni sezione: «Metti la X sul sindaco, non mettere la X sul partito e scrivi Anita Maurodinoia. In famiglia siete quattro? Vi do 200 euro, ma nella tua sezione voglio quattro voti come ti ho detto!». Le formule erano però diverse («ne avevamo 7-8») in modo da distinguere i voti promessi per ogni sezione: «A un altro dicevamo, metti la X sul partito e scrivi Maurodinoia Anita invece di Anita Maurodinoia. Così quando c’era lo spoglio quello (il rappresentante, ndr) si segnava le formule». Il pagamento avveniva solo dopo la verifica.
Il metodo
La confessione: suggerivamo combinazioni poi verificabili nello spoglio