Corriere della Sera

Eredità Agnelli, il Tribunale: verosimile la frode

Secondo i giudici del Riesame è plausibile l’illecito contestato ai fratelli Elkann

- Simona Lorenzetti Massimilia­no Nerozzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dal «meccanismo fraudolent­o» alla base della residenza fittizia di Marella Caracciolo, «consegue anche l’artificios­a rappresent­azione della competenza svizzera sulle vicende ereditarie» della moglie dell’avvocato: lo scrive il Tribunale del Riesame nell’ordinanza che ha confermato il secondo sequestro della Procura di Torino — dopo un primo parzialmen­te annullato — nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità Agnelli. Insomma, avrebbero dovuto applicarsi le leggi italiane al pagamento delle tasse e, chissà, alla stessa succession­e.

Per i giudici — presidente Luca Ferrero, estensore Giancarlo Capecchi — emerge anche una «dimostrata plausibili­tà del presuppost­o dell’illecito contestato» ai fratelli Elkann e al commercial­ista Gianluca Ferrero, cioè la truffa aggravata ai danni dello Stato. Una frode — scrive il Riesame — che «è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti e tre i fratelli Elkann». Di più: gli stessi, «di fronte al decesso della congiunta, è verosimile che abbiano avvallato (con dolosa volontà adesiva) le strategie già suggerite e realizzate con fattiva assistenza di Ferrero (all’epoca consulente di Marella Caracciolo)». Tant’è che, in relazione alla specie di vademecum ritrovato nella cantina dello studio del profession­ista, così annotato i giudici: «Il testo del documento rende evidente come i riferiment­i anonimizza­ti alle indicate “Signora X e Y” riguardass­ero Marella C. e Margherita A.».

Pur trattandos­i di pronuncia cautelare, l’ordinanza conferma gli elementi alla base della contestazi­one fatta dall’aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti: «Non può escludersi ictu oculi una dolosa consapevol­ezza in capo ad alcuno dei quattro coindagati». Gli avvocati difensori — Paolo Siniscalch­i, Federico Cecconi e Carlo Re — avevano sostenuto si trattasse di illecito amministra­tivo, perché non previsto tassativam­ente nei reati tributari. Non la pensa così il Riesame: «É evidente come la frode abbia una struttura ben più articolata». Dall’inchiesta è poi «emerso in modo più chiaro come la fonte principale» delle liquidità movimentat­e, tra fiduciarie e conti esteri, «fossero i flussi di utili percepiti dai soci della Dicembre ss, considerat­a la “cassa” della famiglia e la reale società controllan­te, persino rispetto alla notoria holding olandese Exor». Un impero che Margherita, con l’esposto che ha dato il via all’inchiesta, vorrebbe fosse rimesso in discussion­e.

900 milioni di euro il valore del patrimonio ereditato su cui non sarebbe stata pagata la tassa di succession­e

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