«Investigatore in ascolto degli ultimi»
Leo presenta «Il clandestino»: mi piacciono i personaggi che devono ricostruirsi
ROMA «Luca Travaglia? Travagliato di nome e di fatto . È un uomo burbero, diffidente, scontroso, persino respingente e di poche parole», esordisce Edoardo Leo, protagonista della serie televisiva, crime comedy, Il clandestino. Un investigatore a Milano, su Rai1 dall’8 aprile in 12 episodi. Una produzione di Rai Fiction con
Fulvio e Paola Lucisano, per la regia di Rolando Ravello.
Ex ispettore capo dell’antiterrorismo, amato e rispettato da tutti, Travaglia ha abbandonato la polizia dopo che la sua compagna Khadija (Lavinia Longhi) di origine libica, di cui era follemente innamorato, ha perso la vita in un attentato: una tragica vicenda in cui sembra che la donna sia inspiegabilmente coinvolta. «Il mio personaggio, distrutto dal dolore, decide di trasferirsi a Milano — continua l’attore —. È talmente annientato interiormente, che diventa un clandestino, estraneo a sé stesso, annegando i suoi fantasmi nell’abuso di alcol. Si accontenta di lavorare come buttafuori e guardia del corpo, ma poi si metterà a disposizione di altri clandestini».
Una Milano post expo, dove quella «da bere» si incrocia con quella multietnica. Una Miliano costosa, dove Travaglia trova un risicato alloggio nel garage della casa di Palitha (Hassani Shapi), un cingalese dalle mille risorse che gli propone di imbarcarsi in un’improbabile attività: un’agenzia investigativa «clandestina», cioè al servizio di chi ha difficoltà con le forze dell’ordine o di coloro che sono troppo in vista e non vogliono pubblicità. Grazie a questa strana proposta di lavoro, l’ex poliziotto non solo riesce a sottrarsi alla schiavitù dell’alcol, ma torna a fare l’unico mestiere che sia capace di svolgere: il poliziotto.
«Ho accettato questa proposta — riprende Leo — perché per la prima volta si parla di clandestini senza schierarsi da nessuna parte. Si fa vedere il motivo per cui certe persone si trovano in certe situazioni, anche se niente è come sembra. Travaglia ha perso tutto ed è chiuso in sé stesso, ma riesce a cambiare la sua vita, mettendosi in ascolto del prossimo. Perché — aggiunge — c’è solo un modo per uscire dalla solitudine e ritrovare le proprie emozioni: scivolare in quelle degli altri. Mi piacciono i personaggi che devono ricostruirsi».
Scontroso, respingente, antipatico? «Travaglia parla poco — dice Leo — il che è abbastanza strano per un poliziotto, se penso a Montalbano o a Rocco Schiavone. Lui parla poco e a volte alza le mani, ma la sua umanità viene fuori proprio dall’introversione».
Tra gli altri interpreti della serie, creata da Ugo Ripamonti e Renato Sannio, Fausto Maria Sciarappa, Stefano Guerrieri, Mattia Mele, Michele Savoia, Alice Arcuri. E con questa fiction Leo festeggia i 30 anni di carriera: «Ho iniziato proprio nell’aprile del 1994 con una serie Rai». Ma l’attore non rinuncia al teatro: dal 12 aprile è in scena al Brancaccio con il suo monologo Ti racconto una storia, con le musiche di Jonis Bascir. «Non mollo mai il palcoscenico, dove debuttai tanto tempo fa diretto da Gigi Proietti nel Dramma della gelosia. Sento sempre il bisogno di riappropriarmi del rapporto col pubblico dal vivo».