«La Rondine» alla Scala con gli slanci di Chailly
Produrre un allestimento della Rondine è sempre una questione complessa per la natura ibrida di questa pagina che, mentre ammalia per la rifinitura musicale, lascia sempre in bocca un sapore di cosa incompiuta. Con Riccardo Chailly sul podio pucciniano, una puntata vale sempre la pena di azzardarla, però. Il direttore milanese si avvicina al compimento di un «tutto Puccini» che resterà tra le imprese più avvincenti della Scala degli ultimi tempi. La sua Rondine lo conferma. Senza eccessi di pudore, senza rinunciare al controllo, esibisce slanci appassionati, il passo rapido e leggero che occorre. Orchestra, coro e compagnia di canto sono ben preparati e contribuiscono non poco al successo della serata, anche
se non si tratta del migliore dei cast possibili. Mariangela Sicilia è bravissima, nonostante una punta di drammaticità di troppo nei toni espressivi. Ottima la Lisette di Rosalia Cid. Corretti il Ruggero di Matteo Lippi e il Rambaldo di Pietro Spagnoli. Così anche il Prunier di Giovanni Sala: come attore è godibilissimo, bello lo stile vocale ma scarsa ne è la proiezione in sala.
Godibile anche la messinscena di Irina Brook, che nasconde le insidie di quest’opera attraverso il filtro di una sé stessa regista (la mima Anna Olkhovaja) che guida le prove dello spettacolo. Due errori evidenti, però. Il primo è di cambiare lo champagne dell’operetta nel superalcolico del musical hollywoodiano. Il secondo è di dar vita a un finale troppo drammatico, se è vero che la rondine è sempre destinata a volar via.