Assunzioni come «gelati». Così parlavano i Pisicchio
Nelle carte i dialoghi tra i due fratelli dell’ex deputato Ue. Che li difende: certo della loro onestà
I fratelli Pisicchio rappresentano per la Puglia una delle più importanti dinastie della politica. Giuseppe detto Pino, il più grande dei tre e del tutto estraneo alle indagini, nella sua storia ha conosciuto di persona sia la prima che la seconda Repubblica. Una navigazione tra alti e bassi tenendo sempre la barra al centro. Eletto con la Dc nel 1987, è passato per Rinnovamento italiano di Lamberto Dini, Api di Francesco Rutelli e Centro democratico di Bruno Tabacci. Nel frattempo, a livello locale una candidatura a sindaco di Bari (contro Michele Emiliano) e il sostegno al fratello Alfonso nel 2005 per l’elezione nel Consiglio regionale pugliese. Nel 2018 l’addio alla politica attiva dopo 24 anni, tornando all’insegnamento di Diritto pubblico comparato.
Sui fatti che hanno interessato i due fratelli Alfonso ed Enzo, Pino commenta: «Esprimo il mio fermo convincimento sulla pulizia morale dei miei fratelli che saranno certamente in grado di difendere il loro onore e la loro dignità con le migliori ragioni». E poi forte della memoria di chi ha vissuto gli anni di Mani pulite aggiunge: «Sembra, in piccolo, un film già visto 30 anni fa. Dopo il trauma ci fu l’epifania del tempo nuovo. Che è sotto gli occhi di tutti. Attenzione, però: nell’entropia del potere legittimo s’infilano, con l’appello alla paura, poteri estranei».
Strada simile quella di Alfonso. Di formazione Dc, non ancora trentenne diventa consigliere comunale. Negli anni sarà assessore a Bari, presidente della provincia e consigliere regionale. Con l’arrivo di Emiliano gli incarichi lievitano. È nominato prima presidente di Amgas (municipalizzata del Comune di Bari) e poi vicesindaco. Nel 2018 il riconoscimento: l’assessorato all’urbanistica. Qui i presunti illeciti ad oggi contestati. Enzo detto Roberto, è il terzo. Meno appariscente. Indicato nelle indagini come il faccendiere del suo secondo fratello.
È su Alfonso e sul sistema creato in Puglia con Enzo che sono puntati i riflettori in queste ore. Stando all’inchiesta, attraverso le assunzioni in società, private e pubbliche che veniva consolidato il consenso elettorale. Secondo quanto emerso dalle perquisizioni, in casa di Alfonso sono stati ritrovati elenchi con i nomi di persone da far assumere. Per aggirare eventuali intercettazioni, i fratelli parlavano al telefono di un «gelato da pagare». Intendendo così l’assunzione di un elenco di persone indicate da Enzo Pisicchio. Sugli elenchi delle persone da far lavorare veniva poi apposta una sigla a seconda del potenziale elettorale: «Ok» per chi portava voti e «Ko» per chi non serviva alla causa e finiva depennato.