Il segretario va avanti e «aggira» i dissidenti Vannacci in via Bellerio, correrà quasi ovunque
Il leader presenterà il proprio libro il 25 aprile vicino al corteo
VARESE La grande paura è passata. La metà dei leghisti che ieri si trovano in piazza Podestà a Varese per festeggiare i 40 anni del partito, quando Matteo Salvini riparte per altre mete tira un gran respiro di sollievo collettivo: tutto è andato bene. Nessuna contestazione, nessuna intemperanza, nessun urlo che si leva sopra le teste. All’indomani delle dure parole di Umberto Bossi («Serve un nuovo leader») la preoccupazione era alta. Il problema, sospira un leghista di antico corso, è che però «i 40 anni del partito me li sarei immaginati in un altro modo».
Ma per i salviniani doc, la pratica ansiogena del compleanno è ormai amministrata. E si parla di tutt’altro. Per esempio, del libro di Matteo Salvini. E soprattutto del fatto che venerdì scorso il generale Roberto Vannacci sarebbe stato avvistato in via Bellerio. Insomma, il dado pare ormai tratto: il capo di Stato maggiore delle forze operative terrestri correrà alla guida delle liste leghiste in molte delle cinque circoscrizioni europee. Forse tutte.
Non una buona notizia per i candidati a Bruxelles, anche se resta da capire per quale circoscrizione opterà il generale dopo la probabile elezione. In ogni caso, nel partito si prevedono 7 eletti. I nuovi ingressi previsti dai veggenti leghisti sono la sindaca di Monfalcone Anna Maria Cisint a Nordest, Aldo Patriciello (ex FI) al Sud e il nuovo acquisto in Sicilia Raffaele Stancanelli, già eurodeputato ma per FDI. Ma nelle ultime ore, per la Lega è arrivata una brutta notizia: il Dansk Folkeparti, il partito populista danese che aderiva all’eurogruppo Identità e democrazia cofondato da Matteo Salvini e Marine Le Pen, ha scelto di cambiare riferimento: ora è schierato con Ecr, i Conservatori europei presieduti da Giorgia Meloni.
Ma a Varese, sotto alla finestre della sede storica della Lega, per molti altri il punto «che fa male al cuore» è diverso: il compleanno della «splendida quarantenne», il partito fondato nel 1984 da Umberto Bossi a pochi passi da dove la Lega celebra l’evento con una risottata, sarebbe stato organizzato con il freno a mano tirato a due mani. Troppo alto il rischio di contestazioni al segretario, troppi i dubbi sul rischio amarcord nei confronti di un partito così diverso da quello che i bossiani chiamano la «Salvini premier» badando bene a non aggiungerci la parola Lega. I più amari dicono che c’è di peggio: «La verità è che ci siamo persi il territorio, che anche nei momenti più difficili è stato la nostra forza».
E così, nonostante la presenza del segretario, dei tre ministri Calderoli, Giorgetti e Valditara, dei capigruppo Molinari e Romeo e di tre candidati alle europee — Ciocca, Sardone e Tovaglieri — la festa non può dirsi un pienone. Per i vicini a Salvini, non sembra poi un problema: «La verità è che siamo un partito diverso. Le radici sono quelle e non le
L’addio dei danesi
In Europa Dansk Folkeparti lascia Identità e democrazia e va nell’ecr con Meloni
potremo mai rinnegare. Ma oggi i discorsi di allora non ci porterebbero da nessuna parte: il segretario rappresenta lo ieri, l’oggi e il domani».
L’altro tema è, appunto, il libro di Matteo Salvini. Si intitola Controvento (Piemme), è dedicato a Umberto Bossi e Roberto Maroni, ed è già in prevendita online. Ma la presentazione è già colpo di teatro. Sarà infatti a Milano il 25 aprile, quando il capoluogo lombardo sarà come sempre la sede del principale corteo per la festa della Liberazione, che quest’anno si annuncia piuttosto animata, e confluirà come da tradizione su piazza Duomo. Il luogo della presentazione ancora non è stato reso pubblico, nel partito si parla del Castello Sforzesco.
Salvini nell’annunciare la presentazione ricorda il suo primo incontro con Bossi, nei primi anni Novanta: «Lo vidi nella sede della Lega in via Vespri Siciliani. Eravamo tanti e lui ci venne a raccontare che presto avremmo vinto le elezioni a Milano. E noi lì a pensare: questo è matto, è un visionario. Ma Umberto aveva ragione».