IL DOPPIO ASSEDIO CHE PREOCCUPA IL LEADER DEL CARROCCIO
Si profila un doppio accerchiamento nei confronti di Matteo Salvini. Il primo nasce dall’interno della Lega, e riguarda le candidature per le Europee: a cominciare da quella del controverso generale Roberto Vannacci, che davanti alle proteste dice di non avere deciso. In una prospettiva di «dimagrimento» elettorale calcolata in circa due terzi rispetto al 2019, la rivolta contro personaggi presi all’esterno è cominciata. Ma altrettanto insidioso è l’assedio strisciante degli alleati sulla riforma-simbolo della Lega: l’autonomia differenziata delle Regioni. Più passano i giorni, più aumentano le perplessità di FDI e FI su un provvedimento percepito come un atto di ostilità verso il Centro e soprattutto il Sud; e che, se discusso prima delle Europee come chiede Salvini, potrebbe danneggiare la maggioranza dal Centro al Sud e alle Isole. Le opposizioni martellano sulla spaccatura del Paese, e presentano oltre 2.400 emendamenti. Per questo, cresce la tentazione di rinviare il primo «sì» del Parlamento a dopo il voto di giugno. E di riflesso crescono il nervosismo leghista e gli avvertimenti agli alleati. «L’accordo di maggioranza prevede che l’autonomia inizi la sua discussione in Aula il 29 aprile», ha ricordato ieri il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari. «Ci aspettiamo che tutti mantengano l’impegno assunto sia dai capigruppo, nonostante le proteste dell’opposizione, sia tra i leader di centrodestra». E, per essere più chiaro: «Noi abbiamo dato il via libera al premierato in Commissione al Senato. I patti si rispettano». Sono parole senza diplomatismi, che evocano lo scambio tra autonomia differenziata e elezione diretta del capo del governo, additato da Pd e M5S. Il problema è capire fin dove la violazione di questo accordo non scritto potrebbe portare. In teoria, promette di far ritardare anche il percorso della «madre di tutte le riforme» cara a Giorgia Meloni. Prospettiva poco probabile, visto che sta già nascendo l’embrione dei comitati in vista del referendum al quale punta FDI. L’altra ipotesi è che esasperi le tensioni all’interno della coalizione di governo. A meno che gli inviti a non affrettare la discussione nascano solo da esigenze tattiche. Può darsi. Ma quando la premier dice di non volere mettere fretta alle Camere, i leghisti rizzano le orecchie. E ieri, il vicepremier e segretario di FI, Antonio Tajani, ha ribadito che «l’autonomia non deve essere una riforma a vantaggio di uno e a svantaggio dell’altro. Deve favorire tutti, da Bolzano a Pantelleria. Vigileremo su questo. Anche se ritengo che il voto sarà più in là». Parole di buonsenso, ma irritanti per una Lega già in crisi. Basta registrare la reazione stizzita del governatore del Veneto,
Luca Zaia.