LUNGA VITA ALLA SCIENZA (E ALLA TECNOLOGIA)
TRA I FOCUS DI BERGAMO NEXT LEVEL, LA LONGEVITÀ
Samuel Beckett nell’opera Aspettando Godot fa dire a Pozzo: «They give birth astride a grave, the light gleams an instant, then it’s night once more» («Partoriscono a cavallo di una tomba, la luce brilla un istante, poi di nuovo è notte»). È una metafora, ma ha un fondo di verità perché un tempo capitava di morire anche prima del primo anno di età.
Da allora è cambiato tutto; l’aspettativa di vita è arrivata ad essere 81,1 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne, ma gli ultimi anni si vive male ed è specialmente vero per le donne. È venuto il momento di passare da una società che invecchia a una società longeva, capace di ritardare gli effetti negativi dell’invecchiare.
Come è possibile? Con una attenzione costante al nostro modo di vivere, che parta dall’educazione, passi per la prevenzione, includa la famiglia e il momento della pensione e sia capace di contrastare le diseguaglianze.
Ad essere longevi ci si deve preparare sempre nel corso della vita, e dovrà cambiare l’organizzazione della società, a partire dall’inclusione degli anziani nelle attività di interesse generale. I servizi di salute continueranno a occuparsi degli ammalati ma dovranno dedicarsi anche a chi sta bene (è molto più facile evitare che ci si ammali piuttosto che dover curare diabete, malattie croniche e malattie mentali).
Avremo più tempo, ed è già un valore — anche economico — ma il tempo non sarà solo per lavoro e carriera. Accanto, ci sarà posto per imparare costantemente cose nuove, aumentare le relazioni, divertirsi; una vita insomma che valga la pena di essere vissuta più di quanto non succeda oggi. Ma ci vorrà più pazienza, più tolleranza e autocontrollo (certi studi fanno vedere che l’autocontrollo da giovani porta a una maggior aspettativa di vita in salute).
È anche grazie alla ricerca biomedica che aumenta l’aspettativa di vita ma non è più il momento degli studi che comparano migliaia di malati trattati in un certo modo con altri che non vengono trattati — il famoso placebo — o vengono trattati coi migliori farmaci disponibili prima dei nuovi da sperimentare. Questo appartiene al passato, concentrandoci di volta in volta su una malattia o su un certo organo siamo stati capaci di allungare la vita ma non la vita in buona salute. E allora per star bene anche in età avanzata bisogna conoscere di più del processo di invecchiamento e trasformarlo in un processo di longevità.
Si dovranno monitorare milioni di parametri, fra l’altro di tipo estremamente eterogeneo e che continuano a modificarsi durante la nostra vita. Finora abbiamo giudicato dell’invecchiamento di una persona dal suo aspetto fisico, dalla faccia per esempio, e da come si modifica, ma nessun uomo, che sia o meno un dottore, può arrivare a mettere insieme le diverse variabili biologiche che influenzano il nostro modo di invecchiare: da quello che si misura nel sangue, all’espressione dei geni, alle proteine che si formano grazie a questi geni, all’influenza dell’ambiente sulla loro espressione, e va valutata la funzione globale degli organi, poi c’è la salute mentale e il comportamento.
Chi saprà fare tutto questo? L’intelligenza artificiale, forse, un poco. Di intelligenza artificiale si parla a proposito e a sproposito; se vuoi che il tuo progetto sia finanziato mettici un po’ di intelligenza artificiale, vedrai che funziona. Ma c’è un rischio che l’intelligenza artificiale produca sempre più dati dai quali si finisca per capire sempre di meno.
Un articolo su «Nature» di questi giorni sottolinea come chi si dedica all’intelligenza artificiale in campo medico debba valutarne i rischi subito mentre la tecnologia è ancora agli inizi, farlo dopo quando questi sistemi si diffondono sarà molto più difficile.
Per integrarsi con la pratica clinica gli strumenti dell’intelligenza artificiale hanno bisogno di medici, ingegneri e informatici che dovranno lavorare insieme, anche se, all’inizio, faranno persino fatica a capirsi. Quindi ce la faremo?
Sì, purché l’accesso alla medicina della longevità non finisca per aumentare le diseguaglianze come sta succedendo già oggi con i nuovi farmaci e le terapie cellulari (possono guarire malattie finora incurabili ma a costi proibitivi anche per i servizi sanitari più solidi). Si dovrà fare invece come per i test genetici, che oggi sono praticamente a disposizione di tutti; allo stesso modo la società della longevità dovrà saper includere coloro che hanno più possibilità economiche ma anche gli altri.
d Per star bene in età avanzata bisogna conoscere l’invecchiamento