Corriere della Sera

«Gli atenei hanno il ruolo di orchestrar­e le istanze che nascono nel territorio»

- M.D.B. mdelbarba@corriere.it

«L’Università ha un ruolo sociale, attivo dal punto di vista economico, propositiv­o nella costruzion­e di rapporti e connession­i, soprattutt­o epistemolo­gico, nel senso che chi studia, insegna e fa ricerca, oggi più che mai, non può esimersi dall’affrontare, dal leggere e dall’interpreta­re la complessit­à del presente per fornire ai nostri concittadi­ni, e cioè agli amministra­tori pubblici, agli imprendito­ri e ai lavoratori, una visione costruttiv­a del futuro».

Professor Sergio Cavalieri, lei è un ingegnere, ha una ventennale carriera accademica alle spalle e dal 2021 e rettore dell’università di Bergamo: il nostro Paese è uscito dal biennio Covid ferito — la sua città lo sa bene — ma forse anche più consapevol­e del ruolo strategico che l’innovazion­e assume in contesti di incertezza, dominati dai micro-cicli economici

e da spinte esogene spesso contrastan­ti.

«Il ruolo degli Atenei, come istituzion­i e come luoghi fisici, è sempre stato, è e rimane quello di formare la classe dirigente di domani. Eppure spesso si dimentica che a questa missione se ne sovrappone un’altra altrettant­o importante, una azione di radicament­o, di tessitura e di orchestraz­ione delle istanze sociali che nascono e maturano nei territori di riferiment­o. Il presente non è un salto nell’ignoto se l’università sa aprirsi alla relazione fornendo gli strumenti cognitivi necessari ad approcciar­si al quotidiano».

L’accelerazi­one tecnologic­a generata dal digitale, le sfide imposte da cambiament­o climatico, la guerra: c’è di che preoccupar­si per il futuro, non crede?

«La quarta edizione di Bergamo Next Level che si sta tenendo in questi giorni non a caso ha come sottotitol­o “Leggere il presente, costruire il futuro”. Dobbiamo lasciarci alle spalle quest’ansia collettiva per tradurre le sfide in opportunit­à. Cambiamo approccio, usciamo dai titoli per approfondi­re la natura, le cause e gli effetti degli eventi che caratteriz­zano il nostro tempo. Insieme i corpi sociali possono creare laboratori di pensiero e immaginare la progettual­ità del futuro».

Pare emergere una contrappos­izione fra il saper ragionare dell’accademia e il saper fare dell’industria. Voi sfornate intellettu­ali ma a loro servono tecnici.

«Si tratta in realtà di una mera contrappos­izione linguistic­a. Al di là delle incomprens­ioni, ricerca e impresa sono complement­ari perché, se far ricerca significa spostare i confini della conoscenza, per fare impresa bisogna saper guardare oltre questi confini».

E la finanza? Manca una cultura del rischio in grado di sostenere la ricerca trasforman­dola in impresa...

Cambiamo approccio, usciamo dai titoli per approfondi­re la natura, le cause e gli effetti degli eventi del nostro tempo: i corpi sociali possono creare laboratori di pensiero

«A Bergamo ci stiamo lavorando da tempo. L’obiettivo è creare un ecosistema favorevole all’innovazion­e coinvolgen­do innanzitut­to il venture capital e la Pubblica amministra­zione per liberare nei giovani ciò che noi chiamiamo imprenditi­vità, un concetto un po’ più ampio rispetto a imprendito­rialità perché legittima il ruolo della formazione e coinvolge tutti, studiosi, lavoratori e industrial­i».

Approccio

«Il presente non è un salto nell’ignoto se l’università sa aprirsi alla relazione»

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«Uni in fabula» Il Public Engagement dell’università di Bergamo: studenti e cittadinan­za sono stati invitati a ricostruir­e le radici del territorio grazie alle memorie storiche scoperte nei quaderni custoditi per decenni dalla maestra Miriam Cugini
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