«Sei bellissima»
«La finale di Istanbul mi ha convinto, quest’inter mi ricorda quella di Herrera Vederla giocare è piacevolissimo»
Lunedì sarà a San Siro a vedere il derby?
«Non credo, poi è Milan-inter…, no no, sto a casa. Scusi ma l’intervista esce prima del derby?».
La scaramanzia, Massimo Moratti la supera in dribbling, con intelligenza e col piacere di parlare dell’inter: «Il bel gioco è la sua caratteristica principale. Piacevolissima da vedere, a volte mi ricorda l’inter di Herrera: io consideravo meraviglioso per certi versi il gioco tutto verticale di Herrera, ma questa Inter con un sistema sicuramente diverso, se vogliamo moderno, lo esprime al meglio».
Se l’aspettava così forte?
«Dopo la finale di Champions era chiaro che fossi più convinto che si potesse arrivare a un traguardo prestigioso, come la seconda stella, ma forse per scaramanzia o prudenza non volevo essere così sicuro. Ma fin dalle prime partite si è compresa la vera dimensione dell’inter».
Chi mette sul suo podio nerazzurro?
«Barella, Dimarco e Lautaro».
Le motivazioni.
«Barella ha avuto una crescita fantastica nel controllo del gioco e dei tempi. Coraggioso e generoso, non lo vedi mai al risparmio. Dimarco rappresenta la volontà, il senso di appartenenza, un valore che ha trasmesso ai tifosi. Lautaro è la classe, il senso del gol, il dribbling, un attaccante di grandissima qualità».
La sua competenza le permette anche un riferimento storico: a chi assomiglia Lautaro nell’epopea nerazzurra?
«È abbastanza unico, difficile inquadrarlo, forse lo si può accostare a Milito».
Ma il suo attaccante preferito resta Ronaldo il Fenomeno?
«Non ci sono dubbi, lui è fuori classifica».
Qual è il ruolo che la impressiona, la incuriosisce di più?
«Sono tutti importanti, ogni ruolo ha una sua logica, ma il regista che imposta il gioco e detta i tempi è quello che emerge. E se prima ho accennato a Barella, Dimarco e Lautaro, non si può non citare Calhanoglu, che sta orchestrando alla perfezione il gioco. E mi faccia dire anche di Mkhitaryan che sorregge alla grande Calhanoglu».
Come considera Inzaghi?
«È un grande lavoratore, ha poi una qualità importante: non si accontenta mai, è pignolo nel ricercare la migliore soluzione per la squadra. Mi ha sorpreso la sua dote nel valorizzare il gruppo e nel dare sempre le giuste motivazioni».
Come spiega la netta supremazia dell’inter?
«C’è una notevole superiorità rispetto alle altre squadre, così com’è successo la stagione passata con il Napoli: le squadre avversarie hanno sicuramente avuto dei problemi, non sono state all’altezza dell’inter che, tranne il regalo di due anni fa, i suoi punti li ha conquistati con grande merito».
Lo scudetto del Milan è stato quindi «un regalo dell’inter»?
«Ne sono convinto».
E vincerlo eventualmente lunedì contro il Milan, nel derby, le regala un piacere particolare?
«La seconda stella basta che arrivi, non mi farei un complesso di doverla conquistare proprio nel derby. Altra cosa è la sfida col Milan, vincerla è importante, perché non è una partita come le altre».
Come si costruisce una squadra da scudetto?
«La base è arrivare ad avere una rosa sufficientemente forte, convinta delle proprie qualità, che migliora costantemente, poi magari la società l’aiuta a crescere facendo gli acquisti giusti, l’allenatore fa un buon lavoro, il carattere e la personalità dei giocatori sono importanti, si instaura il rapporto ideale con i tifosi, prima o dopo il risultato buono tipo lo scudetto arriva. Bisogna avere un po’ di pazienza. Tra il buono e l’ottimo c’è poi anche la fortuna».
Questa Inter da scudetto dove e come va migliorata?
«La vedo bella, non è facile in questi casi inserire nuovi giocatori che non siano invadenti, quando una squadra funziona così bene non è semplice dare delle botte di miglioramento».
Ci penserà Marotta.
«Si muove con indubbia capacità, ha poi una responsabilità piena e delicata che lo espone sul piano pubblico e che svolge benissimo».
Steven Zhang, il presidente, sta vivendo momenti delicati, dagli sviluppi più diversi.
Qual è il suo auspicio?
«Zhang ha avuto ottimi risultati, ha tenuto la squadra su un livello di notevole prestigio anche a livello internazionale, per un tifoso sarebbe assurdo criticarlo. Il futuro? Bisognerebbe essere informati, cosa che io non sono».
La sua insieme a quella di papà Angelo è stata l’era Moratti, siete entrati nel mito. Ma anche lei ha provato il momento, quello di passare la mano, del cambio, dell’abbandono: che momento è?
«Psicologicamente lo affronti lavorando su te stesso, perché devi renderti conto che non sei padrone del mondo, che certe cose bisogna farle, con i tempi e i modi giusti. Allora non si soffre tanto e se si soffre sai che i dolori della vita sono ben altri. Bisogna vedere come e con chi avviene il passaggio. Certo che se una cosa, un bene te lo portano via, è tutto diverso: il mio auspicio è che tutto possa evolvere nel modo migliore per l’inter».
Sul podio Barella ha avuto una crescita fantastica, Dimarco è volontà e senso di appartenenza, Lautaro è la classe, il senso del gol
Quest’anno lei ha deciso e avviato il passaggio azionario della Saras: è una situazione diversa rispetto all’inter?
«Decisamente diversa: la Saras è la produzione che ha consentito poi il piacere di avere l’inter».
La seconda stella nel derby? L’importante è che arrivi. Però lunedì si gioca col Milan e vincere col Milan è sempre importante
Ha momenti di nostalgia per l’inter?
«È legata agli uomini che hanno reso grande l’inter, magari a certi giocatori, o al
lenatori, ai quali sono riconoscente, questo è un sentimento vero, sincero».
Un nome, Mourinho: è finita male con la Roma.
«Mi spiace tantissimo, immagino che ne soffra, ma le sue capacità le conosco e restano. Credo che a Roma, nonostante De Rossi stia facendo un grande lavoro, siano rimasti legati a Mourinho».
Ogni tanto vi sentite, quando lei vuole parlare di calcio magari?
«Per fortuna, di calcio si può parlare con tutti, è uno sport bellissimo, da ragazzino giocavo per strada e in spiaggia, è facile da praticare, è il motivo per cui esiste Inter Campus. Poi altra cosa è giocarlo bene, diventare professionista, ma il divertimento e il fascino di questo sport sono unici».
Uno spunto tattico: le piace questa famosa costruzione dal basso?
«Non la capisco, espone a dei rischi per me inaccettabili».
L’estate porta gli Europei: chance per la Nazionale di Spalletti?
«Un tecnico che sa far giocare bene le sue squadre, ci tiene tantissimo. Poi pare che con Retegui e Scamacca il problema del gol possa essere risolto».
E il suo amico Mancini: come si fa ad andare ad allenare in Arabia Saudita? I soldi giustificano tutto?
«Lasciando perdere questa ultima scelta, anche di lui come di Mourinho devo parlare bene, perché ha sempre lavorato al 100 per cento e con ottimi risultati. E fare l’allenatore è il mestiere più difficile del mondo. Mi spiace un po’ che andando in Arabia si sia tolto dal grande calcio».
Chiudiamo con l’inter: che voto le dà?
«Beh la seconda stella si accompagna al 10: il voto è questo».
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