Corriere della Sera

Le voci salvano una Gioconda rigida e sciapa

- di Enrico Girardi

San Carlo di Napoli strapieno per ciascuna delle recite di La Gioconda di Amilcare Ponchielli. Lo spettacolo di Romain Gilbert è fine, ragionato, ineccepibi­le per plausibili­tà drammatica. Ma un po’ sciapo. Pinchas Steinberg porta sul podio esperienza e autorevole­zza. Ma è un po’ rigido (e non nel senso per cui il termine è usato da quanti vorrebbero i direttori proni ai cantanti). È rigido perché non produce musica fluida. Insomma, fin qui è una Gioconda ma come se ne possono ascoltare altre.

La differenza la fa il cast da mille e una notte assemblato per l’occasione. Con Anna Netrebko, Jonas Kaufmann e Ludovic Tézier, ovvio che la sala sia strapiena. Dove trovare tanto morbido velluto in tutta la gamma d’estensione (potenti altezze gravi comprese) e tanta intensità espressiva come nella vocalità del soprano russo? Dove rintraccia­re la classe da vero interprete di Jonas Kaufmann, che certo non è più il tenore prorompent­e di qualche anno fa e tradisce la preoccupaz­ione di non essere più quello ma vola comunque più alto di (quasi) tutti? Soprattutt­o, dove mai esiste oggi un baritono straordina­rio come il francese che garantisce colori, fraseggi ed espression­i in perfetto stile e che domina la scena come un padreterno? È un numero uno senza rivali, non a caso il più applaudito.

Discreti gli altri cantanti, a partire da Evemaud Hubeaux, e il coro. L’opera non è solo canto, si sa. Ma per una volta ci può stare di assistere a uno spettacolo che trova nel canto la sua unica ragion d’essere.

La Gioconda, di Amilcare Ponchielli

Regia Romain Gilbert; direttore Pinchas Steinberg ●●●●●●●●●● 8

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