«A Parigi voglio due ori I prof non mi hanno aiutato, ho dovuto lasciare la scuola»
Ganna: «Avevo problemi di dislessia, ho scelto la bicicletta»
SCHWAZ «Sono stato convocato in Nazionale al mio primo Mondiale a 17 anni. Per allenarmi e gareggiare saltai l’inizio delle lezioni. Avevo seri problemi di dislessia e al ritorno a scuola ho chiesto un percorso di recupero per le verifiche e le interrogazioni mancate. Chiusura totale: o studi il doppio e ti scordi lo sport o hai chiuso. Mi sono scordato la scuola». Undici anni, un oro olimpico e dieci mondiali dopo, Filippo Ganna è candidato alla prima medaglia azzurra dei Giochi di Parigi il 27 luglio nella cronometro.
Ha più incontrato quei professori?
«No e non provo rancore. Mi spiace per i ragazzi costretti a scelte drastiche come la mia. Mi spiace che lo sport in Italia valga così poco».
Che lezione le ha trasmesso suo padre Marco, olimpico nella canoa nel 1984.
«Il valore del sacrificio. Andare a letto presto la sera, rinunciare a una birra con gli amici ti motiva anche se devi sollevare un bilanciere più pesante o fare una salita in più quando pensi di aver già dato tutto».
I suoi colleghi lamentano sacrifici sempre più pesanti anche sul piano alimentare.
«Gareggio e mi alleno così tanto che senza gratificazioni alimentari non rendo. Bisogna sempre trovare un equilibrio, non si può essere estremi in tutto».
Lei è tra i pochi che si isolano per giorni e giorni in un rifugio a 3.000 metri di quota (sul Monte Moro, in Piemonte) per trovare la forma.
«Stacco il telefono e penso ad allenarmi: dormendo in quota il sangue si arricchisce di globuli rossi. Se fa bel tempo prendo due funivie e scendo in pianura a pedalare. Se è brutto monto la bici sui rulli in camera».
Ma non è angosciante pedalare al chiuso di una stanza di un rifugio sperduto?
«Apro le tende e mi sembra di toccare il Monte Rosa. Non so se rendo l’idea».
Lei aveva due idoli: Bradley Wiggins, il fenomeno eccentrico britannico, e il ragioniere svizzero Fabian Cancellara.
«Io sono la loro sintesi: un pizzico di follia in una persona che programma con rigore».
Per programmare l’anno olimpico ha saltato l’amatissima Parigi-roubaix.
«Sarà il primo obiettivo del 2025 subito dopo la Milanosanremo».
A Parigi cercherà l’oro in una prova che dura un’ora e il bis nell’inseguimento dove si corre per 3’45” a intensità pazzesca.
«Sono un po’ Jacobs e un po’ maratoneta. Se mi chiede come si fa a riuscire in sforzi così diversi le rispondo che non lo so: ma funziona e mi basta».
Le chiedo come si fa a battere il quartetto della Danimarca che, al contrario di voi che spaziate dalle corse a tappe alla pista, prepara soltanto quella prova.
«Pensi che goduria se li battiamo come a Tokyo dividendoci tra due discipline. Voglio tornare da Parigi con due medaglie. Una dipende al 100% da me, nell’altra offro un buon 25% di contributo».
Vingegaard, Evenepoel, Roglic, Van Aert: tutti fermi per incidenti più o meno gravi. Che sta succedendo? Non ha paura anche lei?
«Si prendono più rischi, forse le bici sono più estreme e qualcuno non le guida benissimo. Quando sei in corsa non ci pensi, se vedi in tv certe cadute tremi. Però passa. Il ciclismo è così, ma non è l’unico sport pericoloso».
Si può migliorare la sicurezza?
«Si può fare più attenzione, si possono segnalare meglio i pericoli. Per il resto siamo e resteremo pelle, ossa e body».
Sogni a breve termine?
«Due settimane di vacanze al mare e una o due in giro per l’italia tra trattorie e ristoranti. Ho bisogno di nutrire l’anima».
Situazione sentimentale? «Stabile. Spero che la mia lei la pensi nello stesso modo».
Pensa a una famiglia?
«Sì ma devo prima sistemare un po’ di cose in bicicletta. Quando avrò un figlio voglio potermi dedicare completamente a lui: vedo troppi bambini parcheggiati tra nonni e zii. Voglio farmi il più grande dei regali: crescerlo con la mia compagna».
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Tante cadute? Si prendono più rischi, forse le bici sono più estreme e qualcuno non le guida benissimo. Quando sei in corsa non ci pensi, se vedi in tv certe cadute tremi. Però passa