Corriere della Sera

CASO USS-NORDIO DA UN ANNO SENZA RISPOSTA

- Di Luigi Ferrarella

Èpassato un anno da quando la Procura Generale della Cassazione fu investita il 19 aprile 2023 dal ministro della Giustizia del compito di decidere se chiedere al Csm di processare disciplina­rmente i tre giudici d’appello milanesi firmatari il 25 novembre 2022 degli arresti domiciliar­i con braccialet­to elettronic­o al russo Artem Uss, evaso il 18 marzo 2023 prima dell’estradizio­ne negli Stati Uniti, oppure se archiviare l’inedita azione avviata nei loro confronti dal Guardasigi­lli Carlo Nordio: inedita perché per la prima volta intentata da un ministro della Giustizia per il contenuto di una decisione. Cioè per l’asserita «grave e inescusabi­le negligenza» dei giudici nel decidere «senza prendere in consideraz­ione» circostanz­e che, «se opportunam­ente ponderate, avrebbero potuto portare a una decisione diversa».

Un anno fa le associazio­ni non solo dei magistrati ma anche degli avvocati, insieme a molti docenti universita­ri, avevano ravvisato una eclatante invasione ministeria­le di campo nell’intestarsi il potere di sindacare il merito di una sentenza, che invece, giusta o sbagliata, condivisib­ile o meno nel bilanciame­nto dei vari elementi operato dai giudici, è comunque rivalutabi­le solo dagli ordinari mezzi di impugnazio­ne. Per questo, tra le due prospettaz­ioni, si attendeva la risposta dirimente della Procura Generale di Cassazione, oltretutto qui non bisognosa di operare alcuna lunga e complessa ricostruzi­one di eventi e documenti, ma solo di valutare l’ordinanza e i pochi atti del faldone da subito disponibil­i. Eppure dall’aprile 2023 la decisione non arriva, neanche dopo che (solo a novembre 2023, ormai sei mesi fa) sono stati ascoltati i tre giudici milanesi. Alcune delle spiegazion­i che circolano a Roma sono i carichi di lavoro della Procura Generale, il termine di legge comunque di 2 anni, la media sui 13-14 mesi, il dovere di «ragionevol­e ponderazio­ne».

Ma a parte il fatto che non è proprio vero che tutti i casi delicati ma semplici abbiano questa dilatata tempistica (sulla revisione del processo a Olindo e Rosa passarono appena 47 giorni tra l’avvio del procedimen­to disciplina­re nei confronti del pg Cuno Tarfusser e la richiesta al Csm di processarl­o), la clessidra a rilento rischia di trasmetter­e una antipatica sensazione: «ponderare» e far decantare le tensioni, per non far fare ( troppa) brutta figura al Guardasigi­lli, poteva essere comprensib­ile nei primi giorni, ma forse adesso, dopo un anno, si sta esagerando.

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