«Pellet, legno, biomasse: rispetto a Los Angeles la Lombardia d’inverno è 4 volte più inquinata»
Sioutas e il nodo dei sistemi di riscaldamento
È accaduto a Los Angeles. Dunque sta accadendo (o accadrà) anche a Milano e nel Nord Italia: «Per una ventina d’anni, il contributo del traffico all’immissione di sostanze tossiche nell’aria si è via via ridotto, con una tendenza costante», racconta Constantinos Sioutas, fisico, docente di ingegneria ambientale all’università della Southern California, autorità riconosciuta a livello globale per gli studi sull’inquinamento. E poi cosa è cambiato? «Negli ultimi 5 anni siamo fermi, in una sorta di plateau. I livelli non scendono più. Di fatto, sembra che le tecnologie per ridurre le emissioni dei motori di auto e camion, soprattutto diesel, non riescano ad andare oltre. E dunque, sommando emissioni dei motori, sollevamento di polveri dalla strada e freni, il contributo del traffico all’inquinamento, a parità di auto in circolazione, rimane stabile». Come dire, sembra che le tecnologie (dal 2025 in Europa si arriverà all’euro 7) abbiano esaurito il proprio potenziale. Le auto elettriche potranno portare un ulteriore passo avanti, ma il tema centrale sarà la riduzione del numero di auto: «Gli investimenti sui mezzi pubblici sono e resteranno fondamentali», spiega il professor Sioutas.
Lo studioso, greco di origine, negli Stati Uniti dal 1986, collabora da più di un decennio con medici e ricercatori dell’istituto nazionale dei tumori di Milano, tra cui lo pneumologo Roberto Boffi e l’esperto in monitoraggio ambientale Ario Ruprecht. Il gruppo ha di recente pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, i risultati di una ricerca sugli effetti indiretti della guerra in Ucraina, con l’aumento del prezzo del gas e un maggior ricorso a legna e pellet. «Durante la stagione invernale, nei mesi in cui i riscaldamenti sono accesi, a cavallo tra 2022 e 2023 abbiamo trovato un livello di sostanze tossiche e cancerogene nell’aria di Milano e Lombardia quattro volte superiore a quello di Los Angeles, dove ogni giorno circolano 9 milioni di auto e mezzo milione di camion diesel», ha spiegato Sioutas, presentando i risultati della ricerca.
Significa che la combustione di legno e biomasse (in Italia ci sono circa 6 milioni di camini, stufe e cucine a legna, e circa 2 milioni di stufe a pellet) è la prima fonte di sostanze tossiche nell’aria? «Possiamo misurare la quantità di levoglucosano nell’aria: una sostanza che deriva dalla combustione della cellulosa, quindi un tracciante esclusivo per l’uso di biomasse. In base a questo, le nostre ricerche dimostrano che, per il periodo in esame, quel genere di combustione è aumentato ed è stato la prima fonte di tossicità dell’inquinamento» (molte istituzioni locali hanno aumentato gli incentivi per gli impianti a biomasse). Individuare il legame tra una fonte di emissione e un certo livello di tossicità vuol dire aver trovato il «colpevole» della cattiva qualità dell’aria? «No, sarebbe una lettura riduttiva e non realistica. La pianura padana ha un problema di ristagno dell’aria, soprattutto in certi periodi dell’anno. Ma quando si parla di inquinamento non si può trascurare il contesto complessivo: individuare una fonte di alta tossicità, non implica che siano sminuite le altre. Ricordiamo che esiste una correlazione scientificamente indubitabile tra inquinamento e malattie croniche, morti premature, danni per le persone più fragili. E queste conseguenze sono legate all’intero contesto. Per molte città europee è possibile che un forte contributo all’inquinamento sia dato da moto e motorini, ma al momento non abbiamo metodi affidabili per comprendere che peso specifico abbiano».
Il contributo del traffico all’immissione di sostanze tossiche nell’aria da 5 anni non scende più