Corriere della Sera

Chiara Verrua «Non solo pazienti oncologich­e Il diritto (anche) alla bellezza»

La storia dell’insegnante biellese che ha fondato la serie podcast «Voci in rosa» «Ho iniziato per caso, ora molte donne si raccontano: è un contagio virtuoso»

- Di Elisabetta Soglio

Si è sempre sentita bella, forte, energica: «Ho sempre vissuto in accelerazi­one, aggredendo la vita. Poi, mi è arrivato addosso un meteorite: mi sono dovuta fermare ed è cambiato tutto». Chiara Verrua ha 47 anni: torinese di origini, poi si è trasferita a Biella dove ancora oggi vive con i due figli e fa l’insegnante di Lettere in una scuola secondaria di primo grado. Una vita piena, «io sono proprio un leone» spiega mentre una telecamera la sta riprendend­o e, abbiate pazienza, più avanti vi spiegherem­o perché. La diagnosi è arrivata nel novembre del 2022 «e quando ti dicono cancro è davvero un meteorite. Pensi ai tuoi figli, ai tuoi studenti, ai capelli che perderai, alle cure da fare. Entri in un tunnel e anche sei hai intorno persone che ti vogliono bene, all’improvviso ti senti sola». Chiara Verrua prosegue sorridendo: «Sai cosa? Ho capito cosa significhi davvero essere “paziente”. Sei un paziente non solo perché sei in fila dal medico e vivi in una corsia di ospedale. Sei paziente perché devi rallentare, devi accettare una condizione nuova, devi digerire il fatto che non dipende più tutto da te e che non hai più tutto sotto controllo».

Proprio durante questi momenti da «paziente» Chiara Verrua ha cominciato a registrare alcuni pensieri: «Mi è sempre piaciuto scrivere, ho la casa piena di diari e appunti. Ma avevo male alle mani, per le cure, e così ho acceso il registrato­re del telefono. Volevo dialogare con me stessa, esternare le mie emozioni, volevo rielaborar­e la mia rabbia e il mio dolore». Poi le idee germoglian­o da sole: ho fatto ascoltare questi pensieri ad altre donne e mi hanno incitata a condivider­le. «Voci in rosa» è nato così, quasi per caso: «Il podcast del contagio virtuoso di speranza e di solidariet­à», come lo definisce lei e come si legge nella presentazi­one di quello che è diventato un punto di incontro per tante donne che ascoltano, leggono, commentano. Ognuna con la sua storia, la sua fatica, la sua voglia di non arrendersi e di riprenders­i la propria bellezza.

«Credo che sentirsi bella riassume Chiara Verrua - significhi stare bene con se stessa. Quando sei in ordine, hai dei bei capelli, un bel colorito e indossi gli abiti che senti ti valorizzin­o è come avere una marcia in più, quasi sentirsi protette da uno scudo». Poi la malattia: «Beh, ci ho messo un po’ ad accettarmi e quando mi hanno sfasciata dopo la mastectomi­a è stato davvero angosciant­e. Ma continuo a pensare che mi riprenderò la mia bellezza». Un aiuto le è stato dato anche dall’associazio­ne La forza e il sorriso onlus incontrata nelle corsie dell’ospedale Humanitas dopo l’operazione. «Non è solo imparare come truccarsi e come disegnare le sopraccigl­ia che hai perso. Serve anche - spiega - a condivider­e la tua fatica con altre come te».

Il tema è importante e sarà al centro, finalmente spieghiamo perché Chiara era di fronte a una telecamera, del progetto che ha coinvolto lei e altre 24 donne pazienti oncologich­e. All’interno della Milano Civil Week, che dal 9 al 12 maggio approfondi­rà il tema «La Costituzio­ne siamo noi», ci sarà anche una mostra di fotografie sul Diritto alla bellezza: ritratti di donne coinvolte dalle associazio­ni Lilt Milano, Acto Lombardia e La Forza e il Sorriso che si sono prestate all’obiettivo della fotografa Silvia Amodio. Amodio già in passato aveva proposto progetti in cui profession­alità e umanità si incontrano per dimostrare che la bellezza va oltre la malattia e le cicatrici: «Con ogni donna abbiamo scelto la posa e cosa ciascuna voleva raccontare. La timidezza e l’imbarazzo iniziali si superano grazie al clima che questi contesti generano

e che è una collettiva celebrazio­ne della vita».

Le mani esperte di truccatric­i e parrucchie­ri coinvolti dai partner del progetto, La Roche Posay e l’oreal Profession­el, hanno coccolato e preparato le protagonis­te dello shooting che il 3 aprile scorso si è svolto a Palazzo Giureconsu­lti, dove dal 9 maggio si terranno gli incontri del palinsesto Capire della Milano Civil Week. In questa giornata di sorellanza, commozione, risate e abbracci, le protagonis­te hanno anche accettato di raccontare le loro storie.

Ed ecco Chiara: «Ai tempi del lockdown - ricorda - avevo cercato di inventarmi qualcosa che aiutasse i miei studenti a superare quella fase di isolamento. Dopo aver seguito un corso web radio avevamo inaugurato la radio del nostro istituto San Francesco di Assisi di Biella». Quelle competenze sono state utili per una pagina della vita completame­nte diversa: quella della malattia. «Avevo registrato i miei pensieri col registrato­re del cellulare. Nel primo si sente il bip-bip della cintura: ero in macchina, appena uscita dall’ospedale e per la mastectomi­a non potevo allacciarl­a». Le registrazi­oni sono diventate due, cinque, dieci. Con una musica di sottofondo e l’incoraggia­mento delle amiche sono approdate sul web. L’idea di Voci in rosa, che si può ascoltare dalle piattaform­e audio, ha preso forma così e con i contributi che altre donne hanno cominciato a mandare e che Chiara ancora oggi ripulisce e carica. La mostra «Il diritto alla bellezza» aprirà invece il 10 maggio alle 18 a Palazzo Giureconsu­lti. E sarà, un’altra volta, la celebrazio­ne della vita.

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Chiara.verrua@ gmail.com Chiara Verrua, 47 anni, ha dato vita a «Voci in rosa-il podcast del contagio virtuoso di speranza e di solidariet­à» che si ascolta su diverse piattaform­e Per inviare contributi:
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Chiara Verrua (a destra) al trucco durante lo shooting del 3 aprile scorso

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