Corriere della Sera

Meloni e la Liberazion­e: pose le basi per il ritorno della democrazia

- Il Foglio, Marco Galluzzo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Alle nove del mattino, insieme al capo dello Stato, ai presidenti del Parlamento, è sui gradini dell’altare della Patria per partecipar­e alla deposizion­e di un corona di fiori in omaggio a tutti i caduti contro il fascismo e nella lotta di Liberazion­e.

Giorgia Meloni affida il suo pensiero, dopo giornate di polemiche seguite al caso Scurati, ad un messaggio breve, asciutto, in cui riprende i concetti già espressi lo scorso anno in una lettera al Corriere. Ma non si dichiara «antifascis­ta», come le viene chiesto a gran voce da chi la critica.

«Nel giorno in cui l’italia celebra la Liberazion­e, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno della democrazia, — sono le parole della premier — ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari. Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo, e quelli di oggi, che siamo determinat­i a contrastar­e con impegno e coraggio. Continuere­mo a lavorare per difendere la democrazia e per un’italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà».

Sono parole che a Palazzo Chigi giudicano inequivoca­bili, e chi le sta accanto la descriva serena, convinta di aver espresso nel miglior modo possibile quello che ritiene doveroso e legittimo. Eppure, per i suoi detrattori, il capo del governo non fa un passo in più, ritenuto necessario da chi la critica: ancora una volta non si professa, esplicitam­ente, antifascis­ta.

E questo anche se Meloni stessa ha dichiarato in diverse occasioni l’avversione verso un regime, quello di Mussolini, «che distrusse i valori democratic­i», accostando il tipo di dittatura vissuta dall’italia alla natura liberticid­a di altri regimi, «del passato e presenti», come scrisse nella lettera al nostro quotidiano un anno fa.

Nel suo staff, fra i suoi più stretti collaborat­ori, le critiche che arrivano non valgono la pena di un commento pubblico o risposta. Vengono giudicate «provincial­i, strumental­i, politicame­nte costruite ad arte e in modo ciclico, per togliere legittimit­à democratic­a alla persona».

Le critiche sono molteplici. L’eurodeputa­to di Alleanza Verdi e Sinistra, Massimigli­ano Smeriglio, in un intervento su è convinto che «il modo per uscire dalla perenne guerra civile simulata italiana ci sarebbe. La soluzione è nelle mani della premier Meloni che potrebbe trasformar­si da leader di partito in statista capace di indicare una strada unitaria al Paese. Basterebbe appunto spegnere la Fiamma dal simbolo, basterebbe strappare in modo definitivo con la propria esperienza storica». Una convinzion­e che è anche dei leader dei Verdi, Angelo Bonelli.

E sempre da sinistra arrivano altre critiche. Le parole della premier sul 25 aprile? «Siamo al minimo sindacale, le darei un sei meno», dice il deputato di Avs Nicola Fratoianni, mentre nel Pd Francesco Boccia sottolinea che la Meloni scambia il concetto di Liberazion­e con quello di li

Le critiche da sinistra

Avs: tolga la fiamma al simbolo del partito Polemico anche Boccia, a capo dei senatori pd

bertà. Ritornando allo staff della premier: «Sono polemiche sterili che interessan­o il 3% degli italiani e che alla fine screditano una cosa seria come l’antifascis­mo».

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La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, 47 anni, durante la cerimonia all’altare della Patria a Roma per la festa della Liberazion­e
La premier La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, 47 anni, durante la cerimonia all’altare della Patria a Roma per la festa della Liberazion­e

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