Ostaggi, l’appello di Biden: liberateli
La lettera firmata con altri 17 leader internazionali. Hamas: pronti a disarmare in cambio dello Stato
GERUSALEMME Tiene in braccio la piccola Avigail Idan e assieme a 17 leader internazionali scrive una lettera per invocare il rilascio degli ostaggi che hanno passato altri 150 giorni nei cunicoli di Gaza dopo la liberazione della bambina alla fine dello scorso novembre. Joe Biden l’ha invitata alla Casa Bianca con i parenti che se ne prendono cura, i genitori sono stati uccisi il 7 ottobre. «L’intesa porterebbe a un cessate il fuoco immediato — scrivono il presidente americano e gli altri capi di governo, che rappresentano prigionieri con doppia nazionalità o stranieri — e darebbe la possibilità di far entrare molti più aiuti. Sosteniamo gli sforzi per riportare i nostri cittadini a casa. Hamas deve lasciarli andare».
Le trattative sembrano andare avanti: una delegazione dal Cairo arriva oggi in Israele per discutere di un possibile accordo per una tregua temporanea in cambio della restituzione degli ultimi sequestrati, mentre l’esercito continua i preparativi per l’invasione di Rafah, la città verso il confine con l’egitto dov’è ammassato oltre un milione e mezzo di sfollati dal nord ridotto in macerie, i palestinesi uccisi in totale sono oltre 34 mila.
La Brigata Nahal è stata ritirata dalla Striscia per un periodo di esercitazioni prima dell’incursione, a cui gli egiziani e Washington si oppongono. Un funzionario americano — scrive il giornale mes of Israel — sostiene che il governo di Benjamin Netanyahu avrebbe accettato il ritorno nel nord di Gaza dei rifugiati: è una delle richieste di Hamas e allo stesso tempo permetterebbe di spostare i civili da Rafah come vuole la Casa Bianca.
I portavoce fondamentalisti ribadiscono che le pressioni di Biden non servono, l’unica possibilità per raggiungere un accordo «è la fine della guerra e la rimozione totale delle truppe». Khalil Al Hayya, tra i capi che vivono all’estero, dichiara dal Qatar che il gruppo sarebbe disposto ad accettare una tregua di cinque anni e a deporre le armi se venisse creato uno Stato palestinese nei confini del 1967. «Una posizione temporanea — chiarisce — perché abbiamo diritto a tutte le terre».
In ogni caso Hamas — commenta John Kirby, portavoce del consigliere per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca — «non può far parte di una futura nazione. C’è bisogno di governi da entrambe le parti che garantiscano la pace».