Sánchez sotto attacco Ma il pm: archiviate il caso di sua moglie
Una tempesta in un bicchier d’acqua o la fine di un’era? Molti se lo chiedono in queste ore in Spagna dopo che ieri la Procura ha chiesto l’archiviazione dell’indagine preliminare nei confronti di Begoña Gómez, moglie di Pedro Sánchez, che mercoledì aveva spinto il premier ad annunciare una «pausa di riflessione», senza escludere le dimissioni. Ennesimo colpo di scena, dunque, nella movimentata scena politica spagnola, che dopo il voto nei Paesi baschi, in cui socialisti e indipendentisti hanno consolidato le posizioni, sta per affrontare un nuovo cruciale appuntamento elettorale il 12 maggio in Catalogna, dove ieri è partita la campagna (assente Sánchez).
Appena 24 ore dopo l’annuncio, a mezzo stampa, dell’apertura dell’indagine preliminare sulla first lady per traffico di influenze e corruzione, il pubblico ministero ha deciso di fare appello contro la decisione del giudice madrileno Juan Carlos Peinado per mancanza di indizi sufficienti. La denuncia presentata da Manos Limpias, per ammissione dello stesso sindacato di estrema destra, era infatti basata su notizie riportate dai media, in particolare da alcuni quotidiani conservatori, come El Confidencial. In una lunga e inedita lettera aperta pubblicata su X, Sánchez ha accusato gli avversari della destra — il Partito popolare (Pp) e Vox — di aver messo in moto una «macchina del fango», citando Umberto Eco. Quindi, ha annunciato che lunedì, in conferenza stampa, scioglierà il mistero sul suo futuro: «Vale la pena restare alla guida del governo o devo rinunciare a questo alto onore?», si chiedeva nella «lettera ai cittadini».
Il Partito socialista ha serrato i ranghi attorno a Sánchez mentre il leader del Pp, Alberto Nuñez Feijóo, lo ha accusato di aver fatto uno «show da adolescente per sopravvivere». Duro anche l’attacco del leader di Junts per Catalunya, Carles Puigdemont, che ha sfidato il premier a presentare una mozione di sfiducia in Parlamento, lasciando intendere che quella di Sánchez potrebbe essere l’ennesima mossa tattica: «Chi vuole trasformare le elezioni catalane in un ballottaggio per il Psoe, sbaglia». Puigdemont scherza con il fuoco: la legge di amnistia che gli consentirebbe il rientro dall’esilio non è ancora approvata.