La festa del capomafia e l’imbarazzo del prete «Io non li conoscevo»
Lo Presti nella chiesa dove è sepolto Falcone
Si respira grande imbarazzo per le nozze d’argento di due mafiosi benedetti fra le navate monumentali di San Domenico, sotto la cupola dove è sepolto Giovanni Falcone e dove il cardinale Pappalardo tuonò nel 1982 contro la mafia e lo Stato che aveva lasciato solo il prefetto Dalla Chiesa. Tanti staccano i telefoni in Curia o non rispondono in questo Pantheon di Palermo dove hanno fatto festa Tommaso Lo Presti, un boss scarcerato pochi mesi fa, e la moglie Teresa Marino, anche lei condannata perché gestiva la cassa della cosca di Porta Nuova.
«Mafiosi e quindi scomunicati. Dai tempi di Pappalardo» dicono preti di frontiera come don Cosimo Scordato, baluardi della Chiesa di padre Pino Puglisi. Una ragione in più per rendere accidentate le spiegazioni adesso richieste dal vescovo e dai superiori anche al celebrante di quel rito che non s’aveva da fare, Fra Michele Spinali, un quarantenne nominato rettore di San Domenico nell’ottobre 2021.
Braccio destro del priore, don Sergio Catalano, che deve dar conto anche al successore, don Pippo Sabato, fra Michele ieri pomeriggio, jeans e giacca scura, ha recitato il rosario ai fedeli delle prime file chiudendo le preghiere alle 18 per correre in sacrestia, indossare i paramenti e celebrare la messa delle 18.
Vola in sacrestia a grandi passi, turbato dalle domande del cronista che prova a frenare: «I miei superiori non vogliono che parli». Poi capisce che tacendo rischia di lasciar montare la polemica, alimentata anche dai due festeggiati che hanno pubblicato le foto sui social, spavaldi e un po’ arroganti.
«La verità è che io non sapevo, che noi non sapevamo assolutamente nulla di questi signori» spiega il sacerdote lasciandosi avvolgere dalla tunica rossa. «Come avremmo mai potuto immaginare che si trattava di mafiosi? L’ho scoperto da un sito locale, Palermo Today. I Lo Presti non sono venuti qui per un matrimonio, ma per rinnovare la promessa, per una benedizione. E in questo caso non abbiamo una particolare procedura da seguire, a differenza delle nozze...».
È questa le versione che viene offerta anche ai fedeli mentre fra le navate del Seicento i turisti vagavano fra i marmi in memoria di patrioti e nobili, tra il mausoleo di Falcone e l’ultimo destinato a Gioacchino Lanza Tomasi, il figlio adottivo del principe, il figlio del Gattopardo. Cerimonia recente. Altra festa, di ben diversa natura. Senza lo strombazzare di social su nozze dorate, con gran pranzo, balli allietati da due cantanti neomelodici e mance sostanziose. Un po’ come l’offerta lasciata ai domenicani che annunciano di devolverla ai poveri.