Il bimbo trasferito dall’inghilterra «Lì non volevano farlo nascere »
Roma, il padre del piccolo attraverso l’avvocato Pillon: ci avevano detto di abortire
Nel Regno Unito non gli avrebbero dato nessuna chance. Anzi non avrebbero proprio fatto nascere D. M., il bambino di appena un mese affetto da una grave cardiopatia congenita, con cittadinanza italiana, che da qualche giorno è arrivato a Roma, all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, grazie a un volo speciale dell’aeronautica militare e all’intermediazione della presidenza del Consiglio.
Lo ha raccontato il papà del piccolo paziente, originario di Treviso ma da anni residente per lavoro in Inghilterra, dove ha conosciuto la moglie di origini nigeriane, al suo avvocato Simone Pillon che ha curato da un punto di vista legale il trasferimento del bimbo dall’inghilterra all’italia a bordo di un velivolo C-130, sempre all’interno di un’incubatrice e costantemente monitorato dal personale sanitario: «Era stata fatta una diagnosi prenatale e per questo i medici inglesi avevano consigliato ai miei assistiti di interrompere la gravidanza — racconta l’avvocato, lo stesso che lo scorso anno aveva assistito la famiglia di Indi Gregory —, ma la coppia è molto cattolica e si è rifiutata di prendere in considerazione l’ipotesi. Sapevano che il bambino avrebbe avuto dei problemi alla nascita ma erano convinti che sarebbe stato comunque curato».
Invece nei fatti poi così non è stato. «I protocolli sanitari inglesi prevedono che le cure possano partire dai due chili di peso del neonato — continua Pillon —. Ma una volta arrivati ai due chili, i medici hanno spostato l’asticella dicendo che il bimbo sarebbe dovuto arrivare almeno a due chili e mezzo. E quindi i genitori hanno capito che era tutto un modo per prendere tempo e condurlo al fine vita. Così hanno deciso di intraprendere il percorso di trasferimento in Italia, in una struttura dedita alla cura dei minori». Un percorso che è stato possibile anche grazie alla stretta collaborazione tra il Bristol Royal hospital for children, che non si è sentito però in grado di intervenire a livello chirurgico e terapeutico, e il Bambino Gesù, dove il cardiochirurgo Lorenzo Galletti ha invece dato immediatamente la sua disponibilità.
Anche perché, diversamente, la sua storia sarebbe potuta diventare l’ennesimo capitolo di morte dopo quelli già scritti negli anni passati dalla giustizia inglese, che aveva deciso l’interruzione delle terapie salvavita per Charlie Gard (2017), affetto da sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, una malattia genetica rara, ricoverato nel Great ormond street hospital di Londra; o per Alfie Evans (2018) malato di un disturbo neurodegenerativo e seguito all’alder hey hospital di Liverpool; oppure per Indi Gregory (2023) con una malattia mitocondriale degenerativa incurabile, diagnosticata nel Queen’s medical centre di Nottingham. Era infatti già fissata per lui l’udienza davanti alla Family court inglese.
E invece, appena arrivato in Italia, il bimbo ha subito due interventi chirurgici per la realizzazione del bendaggio dell’aorta e già oggi (o comunque nei prossimi giorni a seconda delle condizioni) verrà sottoposto a un’altra operazione. «I medici hanno detto che la situazione è buona — conclude Pillon — anche se al momento si parla di speranza. E hanno detto che il piccolo ha un gran voglia di vivere».
I genitori sapevano che il bambino avrebbe avuto dei problemi alla nascita ma erano convinti che sarebbe stato comunque curato
S. Pillon